Antonino Sala, Tommaso Romano, "Reagire per le libertà" (Ed. Thule) - di Giovanni Teresi

Leggendo il testo “Reagire per la libertà”, riguardo le varie conversazioni avute dal Prof. Tommaso Romano e dall’Ingegnere Antonino Sala con gli esperti del pensiero liberale e cristiano e con ricercatori e storici del panorama italiano, aventi come temi gli aspetti legati alle scienze sociali ed economiche; si ha una visione completa, partendo dalla libertà religiosa, delle principali ragioni a sostegno della tesi di fondo, cioè “ reagire per la libertà è essenziale alla vita spirituale, sociale ed economica dell’uomo”

Andando a ritroso, e in particolare alla XIX Conversazione con il Prof. Carmelo Muscato “Platone e la libertà” si può dapprima definire il concetto filosofico della “libertà”.

“… con  la Repubblica di Platone non è certo la repubblica moderna, ma  intendiamo la città-stato, la polis, la “Politeia”, che è una visione totalmente diversa da quella che è l’idea della modernità.

Il destino del filosofo e il mito della caverna sono i testi fondamentali sui quali dovere basare un discorso sulla libertà, sull’idea di bene e soprattutto sul compito del filosofo che non è astratto, pensiamo a Platone ch viene in Sicilia e a tutti gli sforzi che fa a Siracusa per raggiungere l’obiettivo di autentica pace, di autentico ordine sociale, di autentico ordine cosmico che nel libro VII della “Repubblica” mette in evidenza.

il buio è una condizione esistenziale che accomuna tutti, con la fuoriuscita dal buio verso la luce che rappresenta la libertà, si supera il muro della separazione fra vera e falsa realtà. La luce, che è stata messa in rilievo da Hans De Mayer nel libro “La morte della luce”, che è l’incapacità di poter vedere oltre il contingente, oltre la caverna. Dobbiamo sempre uscire dalla caverna è questa è la vera liberazione, il problema della libertà è la liberazione umana, è la liberazione dalla schiavitù, dalle catene che sono quelle del conformismo, della contingenza dei luoghi comuni”. (Nota del Prof. Tommaso Romano).

È  chiaro che Platone parla di libertà in maniera distante a quella di cui noi siamo abituati a parlare, cioè come libertà esteriore, afferma il Prof. Muscato: “Diciamo che del tema della libertà in Platone sarebbe forse più adeguato parlarne in termini di liberazione. Questa immagine è abbastanza importante perché richiede  una fatica uscire dalla caverna, e ancora di più questo tema della liberazione viene descritta nel “Fedone”, il dialogo in cui Socrate berrà la cicuta, in cui parla dell’immortalità dell’anima,, e in cui parla di liberazione, nel Fedone dice Socrate che ha il desiderio di liberare l’anima, e questo desiderano sempre e soprattutto i veri filosofi, è proprio questo il compito dei filosofi, quello di liberare l’anima. Platone parla di liberazione non di odiare il corpo, non vi si contrappone ma parla quindi del corpo che produce le passioni che incatenano l’anima, che è così diversa. D i Platone, inoltre, si parla di un amore platonico come qualcosa di evanescente, di virtuale e invece abbiamo dialoghi meravigliosi che parlano di un eros altro che astratto, nel “Simposio” principalmente, e anche in “Fedro”. Quindi, possiamo dire che quello che noi diciamo parlando di libertà e intendendo la libertà dell’io, per Platone è la libertà dall’io o dall’ego o dalla visione ristretta tipica dell’immagine della caverna, in cui il vero sé si identifica con una porzione molto ristretta che sarebbe quella dominata dalle passioni.”

 

IL DIVENIRE DELLA LIBERTÀ

 

Occorre sempre tener presente che la persona umana non nasce psicologicamente libera. Diverrà libera a poco a poco, a patto di seguire un determinato cammino.
La radice della libertà non sta fuori dell'uomo anche se l'ambiente è determinante.
La libertà sorge dalle esigenze vitali dell'uomo come un'acqua sorgiva il cui fondo resta imperscrutabile perché coincide con il mistero della persona umana. Essa attinge a profondità irraggiungibili. La libertà non si importa come una cosa, un oggetto.
Si costruisce da dentro mediante un lungo processo di liberazione, un processo fatto di avanzamenti e ristagni seguendo determinati stadi di sviluppo la cui direzione deve essere chiara.
Liberi si diventa a poco a poco a prezzo di una conquista lungo tutta la vita, mediante una lotta contrassegnata da successi e da scacchi, ponendo molti atti liberi attraverso un cammino lento e faticoso con le sue scoperte inebrianti, i miraggi e le illusioni, le deviazioni e gli smarrimenti, un cammino orientato ad una meta che si allontana sull'orizzonte man mano che si avanza.
Il cammino della libertà può essere visto come un itinerario percorso in due tempi ideali, ma in realtà non distinti, come una costruzione a due livelli che nel concreto vissuto si mescolano quotidianamente, un entrare in orbita in due stadi: Primo stadio - Occorre anzitutto divenire «liberi da...»: dai vari condizionamenti e dalla legge oppressiva.
Lo slancio della libertà comincia innanzitutto con il negare, il rifiutare. La libertà si erge come una rivolta contro i determinismi, contro le situazioni di fatto. Innanzitutto: dai condizionamenti esterni (la libertà esteriore). Essi possono configurarsi in vario modo: le pressioni ambientali; le oppressioni sociali; la dipendenza infantile dagli adulti, dalle persone significative;  i bisogni primari quali: la fame, la sete, l'ignoranza, ecc.; i pregiudizi sociali e gli stereotipi culturali, ecc.
Dai condizionamenti interni (la libertà interiore). Essi possono assumere varie forme tra cui:
le costrizioni interne conscie ed inconscie, provenienti da problemi evolutivi non risolti o mal risolti; le abitudini di male;  le fissazioni, le regressioni; la sessualità non posta a servizio dell'amore; il bisogno di possedere e dominare incontrollato.

Una finalità verso cui tendere, che si concretizza in un progetto di vita da realizzare, in una scelta di valori da porre come fondamento della propria vita, in un impegno concreto e quotidiano per incarnarli nel proprio ambiente. Ognuno infatti per divenire veramente libero deve dare un contenuto valido alla sua libertà. Anzi la grandezza delle libertà di ciascuno dipende dai valori di cui essa si pone a servizio.
L'autonomia sostanziale del soggetto di fronte ai vari condizionamenti di un progetto di avvenire personale e collettivo fa accedere la persona allo stadio adulto. E quanto più la libertà matura, tanto più diventa responsabilità. È questo uno dei compiti principali della giovinezza.
Sneiders definisce la scala di valori «come un gruppo di idee, di verità, di credenze e principi che guidano la persona nel suo pensare, nei suoi atteggiamenti e nelle sue relazioni verso se stessi e verso gli altri, nella sua prospettiva concernente la realtà e nella sua condotta sociale, morale e religiosa».
La libertà in questo stadio consente alla persona di divenire quello che deve essere, artefice del proprio destino, di vivere la propria storia costruendola ogni giorno, chiarendo sempre più, prendendo coscienza della propria vocazione.

È necessario un minimo di legge per tener in vita la libertà, ma una legge radicata entro il cuore, con la funzione di essere uno strumento di una ulteriore purificazione della propria schiavitù interiore. La libertà ha sempre un suo prezzo. Tra libertà e legge c'è un rapporto dialettico.

 Occorre una legge che difenda e sostenga la libertà durante l'evoluzione personale, legge però che non opprime, perché è radicata entro il cuore della persona.

Nessuno plasma la propria coscienza arbitrariamente, ma tutti costruiscono il proprio “io” sulla base di un “sé” che ci è stato dato. Non solo le altre persone sono indisponibili, ma anche noi lo siamo a noi stessi. Lo sviluppo della persona si degrada, se essa pretende di essere l'unica produttrice di se stessa. Analogamente, lo sviluppo dei popoli degenera se l'umanità ritiene di potersi ri-creare avvalendosi dei “prodigi” della tecnologia. Così come lo sviluppo economico si rivela fittizio e dannoso se si affida ai “prodigi” della finanza per sostenere crescite innaturali e consumistiche. Davanti a questa pretesa prometeica, dobbiamo irrobustire l'amore per una libertà non arbitraria, ma resa veramente umana dal riconoscimento del bene che la precede. Occorre, a tal fine, che l'uomo rientri in se stesso per riconoscere le fondamentali norme della legge morale naturale che Dio ha inscritto nel suo cuore.” (Lo sviluppo dei popoli e la tecnica, dal cap. VI dell’Enciclica Caritas in veritate, nn. 68-79 - Papa Benedetto XVI 29 giugno 2009)

“Il cattolicesimo di Croce è letto male, anche negli ambienti del liberismo classico che sembra uno instrumentum regni ma in realtà, se lo si legge bene, non è tale; poi a contraddire alcune impostazioni di Croce e dello stesso Gentile, due facce sostanziali della stessa medaglia, possiamo riferirci a Lord Acton quando dice che la libertà non è un dono ma una conquista, questo mi sembra importante, un dono potrebbe essere la fede che noi possiamo anche cercare ma la libertà è una conquista che nasce dalla coscienza, dall’idea di fare del bene, …,  allora se noi stabiliamo che l’integrità, l’inviolabilità dell’uomo è un principio fondamentale che tutti gli uomini di buona volontà, anche di altre religioni, possono accettare, non è un sincretismo, ma cosa sulla quale possiamo intenderci …” (Considerazione del Prof. Tommaso Romano nella I Conversazione con Monsignor Ignazio Zambito  Vescovo Emerito di Patti “Cristianesimo e Libertà”).

Interessante è anche la II Conversazione con lo storico e saggista Pasquale Hamel riguardo “ Il liberalismo di Don Luigi Sturzo”. Il tema qui affrontato è quello del liberalismo. Ecco cosa pensava il socialista Gaetano Salvemini del liberale don Luigi Sturzo: “Il clericale che domanda libertà per sé in nome del principio liberale, salvo a sopprimerla negli altri, non appena gli sia possibile lo fa. Sturzo no, non è clericale, ha fede nel metodo della libertà per tutti e per sé per sempre, è  convinto che attraverso il metodo della libertà la sua fede prevarrà sull’errore delle opinioni per forza propria, senza posizioni oblique, e questo era quel terreno comune di rispetto alla libertà. A tutti e sempre e questo rese possibile la nostra amicizia al di sopra di ogni dissenso ideolgico”.

Per proseguire con le dovute considerazioni sulle altre conversazioni d’ordine politico-sociale, è bene riprendere il punto 70 dell’Enciclica Caritas di Papa Benedetto XVI:

Lo sviluppo tecnologico può indurre l'idea dell'autosufficienza della tecnica stessa quando l'uomo, interrogandosi solo sul come, non considera i tanti perché dai quali è spinto ad agire. È per questo che la tecnica assume un volto ambiguo. Nata dalla creatività umana quale strumento della libertà della persona, essa può essere intesa come elemento di libertà assoluta, quella libertà che vuole prescindere dai limiti che le cose portano in sé. Il processo di globalizzazione potrebbe sostituire le ideologie con la tecnica, divenuta essa stessa un potere ideologico, che esporrebbe l'umanità al rischio di trovarsi rinchiusa dentro un a priori dal quale non potrebbe uscire per incontrare l'essere e la verità. In tal caso, noi tutti conosceremmo, valuteremmo e decideremmo le situazioni della nostra vita dall'interno di un orizzonte culturale tecnocratico, a cui apparterremmo strutturalmente, senza mai poter trovare un senso che non sia da noi prodotto”.

“Io non sono per la tecnocrazia avanzata ma nemmeno non possiamo non pensare alla qualità e alle specializzazioni. È un serio problema che dovremmo trattare anche in termini teoretici, in termini di ideazione meta politica, rispetto all’organizzazione degli Enti locali, dello Stato e delle Regioni.”

(Prof.Tommaso Romano – XII Conversazione con il Senatore Gabriele Albertini: “L’esperienza delle libertà nelle istituzioni”).

 G. Albertini: “… i governanti, gli imprenditori dovrebbero avere la capacità di discernimento, l’intelligenza sufficiente per capire i problemi complessi, l’umiltà di ascoltare che ne sa di più di te e la capacità di scegliere le persone che sono in grado di fare, non può essere solo l’appartenenza, o il rapporto fiduciario, l’unico criterio con cui condividere la rappresentanza, purtroppo, c’è stata la pandemia e la crisi ha introdotto un criterio di resipiscenza …”

Nel corso degli anni l’Italia ha visto drammaticamente ridotti gli stanziamenti in materia di ricerca, salvo poi trovarsi di fronte a catastrofi di portata mondiale, come la recente pandemia, che hanno evidenziato una necessaria, urgente inversione di rotta.

A ciò si aggiunge l’altissima percentuale di giovani che ogni anno, dopo il completamento di brillanti percorsi universitari in Italia, scelgono di lavorare all’estero a causa della complessa e farraginosa macchina del sistema italiano, molto poco meritocratico e remunerativo, e dei ricercatori che invece scelgono di rimanere in Italia, spesso con incarichi precari e retribuzioni del tutto inadeguate.

La promozione della ricerca tecnica e scientifica dovrebbe quindi tradursi nello stanziamento di risorse congrue, erogate in modo continuativo ed efficiente, nella semplificazione dei bandi e delle procedure amministrative e contabili, nello snellimento degli iter burocratici e nella valorizzazione dei giovani talenti presenti sul territorio. (Art. 9 della Costituzione: cultura, paesaggio e ricerca). Importante, inoltre è la formazione.

Formazione è un insegnare che è al tempo stesso un trasmettere valori, stili di vita e di professione, esempi e criteri di scelte, indicazioni e regole di condotta. È anche un comunicare il sapere, un istruire, un far imparare, un addestrare ad eseguire un compito. È altresì una opportunità di crescita e di trasformazione per raggiungere in condizioni migliori gli obiettivi della propria vita, della propria missione e della propria professione; vita, missione e professione che si svolgono non isolatamente, ma con altri, in contesti facili e non facili, definiti e in continua evoluzione, semplici ma il più delle volte complessi, in buona o meno buona compagnia. Formazione è un tracciare itinerari di speranza per il futuro. Senza speranza, hanno detto i Padri sinodali, l'uomo non può vivere e la sua vita sarebbe votata all'insignificanza e diventerebbe insopportabile.

“Un intellettuale non deve essere autoreferenziale ma un autore che interroga il lettore, lo interroga profondamente, e ad esempio Leonardo Sciascia era questo. “A futura Memoria. Se la memoria avrà un futuro” è il libro emblematico di Sciascia, dove c’è la riflessione sul futuro, sull’avvenire dell’uomo e dell’umanità.” (Prof. T. Romano: XVII Conversazione con l’archeologo Pierfranco Bruni “ Leonardo Sciascia: Eretico della libertà”).

Infine, riguardo “Quali limitazioni alle libertà personali” – XI Conversazione con il Dott. Davide Giacalone” è bene sottolineare quanto il Prof. Tommaso Romano asserisce: “Il tema è: ci sono dei limiti alla libertà? Io penso, senza essere platonico, anzi vorrei citare una frase di Platone che mi sembra utile, dalla libertà estrema nasce la forma più grave di schiavitù, è importante sottolineare questa espressione che poi vede il politicamente corretto, e tutti i luoghi comuni che si vanno manifestando in questi tempi nella nostra sfera associata come eletti a sitema, per cui qualunque cosa anche in un certo modo che si dice liberale o libero, viene accettata, diventa un diritto acquisito, una panacea per tutti i mali quindi viene giustificato tutto. … Riguardo i limiti della libertà, certamente non possiamo fare tutto … in realtà l’uomo ha i suoi limiti, non è onnipotente e deve cercare nel diritto, nella legge, nella cultura, nel diritto naturale dei limiti precisi.”

Prima di abbandonare la questione sulla limitazione della libertà, definiamo il concetto della libertà di opinione. É bene dedicare qualche parola a chi afferma che la libera espressione di tutte le opinioni va consentita a condizione che si discuta educatamente, senza oltrepassare i limiti della moderazione. Vi sarebbero molte ragioni per sostenere che è impossibile definire questi presunti limiti. Senza dubbio il modo in cui si asserisce un'opinione, anche se vera, può essere molto sgradevole e venire giustamente e severamente riprovato. Ma in questa sfera le scorrettezze principali sono di tale natura che è quasi impossibile dimostrarle, a meno che chi le commetta non si tradisca accidentalmente. Le scorrettezze più gravi sono: argomentare per sofismi, nascondere fatti o argomenti, esporre la questione in modo inesatto, o travisare l'opinione avversa. Ma questi atti di slealtà vengono così continuamente commessi in perfetta buona fede, anche nelle forme più gravi, da persone che non sono considerate  ignoranti o incompetenti.  Tuttavia,  a volte, i danni derivanti dall'uso di mezzi  di comunicazione sono maggiori quando i bersagli sono relativamente indifesi; e quando  ogni tipo di vantaggio sleale derivante da questo stile di argomentazione è quasi esclusivamente un vantaggio per l'opinione comunemente accettata.

 

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