AA.VV., "L'Attrazione dell'Oltre nella poesia di Corrado Calabrò", Spiritualità & Letteratura n. 107/108 - di Francesco Casuscelli

Sono tante le cose che colpiscono nell’opera “L'Attrazione dell'oltre nella poesia di Corrado Calabro”, a cura di Tommaso Romano e Giovanni Azzaretto per le edizioni Thule, nella collana Spiritualità & Letteratura: una raffinata veste editoriale e una carta di alta qualità che rende piacevole la lettura; il vibrante dipinto di E. Tardia posto in copertina; il compendio critico sulla poesia di Calabrò; le citazioni illuminanti che elevano il dono della parola e ne approfondiscono l’eco; le interviste e gli innumerevoli scritti sulla sua poetica; i saggi di Calabro che testimoniano la sagacia filosofica e l’immensa conoscenza maturata in oltre sessant'anni di ricerca. Un’opera necessaria per entrare e per immedesimarsi nella sua energia e viaggiare nella dimensione poetica di un autore che padroneggia uno stile linguistico di matrice classica con ampi esercizi di sperimentazione poetica e che spinge il senso delle parole oltre l’illimite. Un dialogo tra filosofia,

astrofisica e poesia per una nuova visione dell’uomo, sempre in osmosi con l'universo emozionale in cui si immerge con l'intento di nutrire un animo attento e partecipe al mistero dell’esistenza.

Nel saggio iniziale, dal titolo Realtà e rappresentazione, la bellezza ci salverà?, la vivacità illuminata del nostro poeta fa un excursus filosofico del suo poetare. Si interroga con intuito scientifico sulle dimensioni della realtà e sugli stimoli percettivi che modellano la nostra sfera sensoriale e il nostro inconscio. Calabro dice: La realtà che percepiamo non è un riflesso diretto del mondo oggettivo esterno; è il prodotto delle previsioni del cervello sulle cause dei segnali sensoriali in entrata. Per metamorfosi noi percepiamo con i nostri sensi informazioni che trasmutano la realtà che ci struttura e in cui siamo immersi. Con questo ci vuole dire che non c’è una proiezione fisica diretta del mondo esterno dentro di noi, ma siamo noi, con i nostri sensi, che trasformiamo gli stimoli ottici, uditivi, olfattivi, gustativi, tattili in sensazioni che ci rappresentano il mondo esterno (ma anche il nostro stesso corpo) in percezioni utili al nostro attivarci nella realtà in cui viviamo. Noi riceviamo solo onde, di diversa frequenza e lunghezza, ma percepiamo immagini, colori, suoni, odori, gusti, sensazioni tattili, che sono quello che ci serve per orientarci nella dimensione della realtà in cui ci collochiamo. L’unificazione del corpo e della mente nell’attitudine a ricevere non qualcosa o qualcuno, ma la corrente della realtà nel suo fluire, secondo un paradigma sistemico, ecologico e quantistico: tutto è collegato e in contatto, anche se distante nello spazio e nel tempo. Tutto è in comunicazione nel l’Universo, nessun corpo è isolabile ed oscilla armonicamente, in quanto in relazione col tutto, formando e conformandosi alla realtà complessiva. Analisi suggestiva che stimola l’approfondimento e invita alla lettura per entrare in consonanza con queste tematiche.

Nei testi che incontriamo nella lettura abbiamo modo di prendere coscienza del ductus poetico che corteggia il senso fluido di un infinito che si articola nel linguaggio come nel mare che è sempre presente nelle sue poesie: come profondità e proscenio, come tema e come misura. Le poesie rappresentano una matrice magmatica di due versioni dell'infinito: il linguaggio e il mare. Non dimentichiamoci che il padre comune di questi due elementi è il tempo. Con questa opera, alla quale contribuiscono numerosi autori, nomi illustri del panorama letterario

italiano, si cerca disporre un granello di sabbia nell'ingranaggio di Kronos e di arrestare il persistente scorrere del tempo, storicizzando ed eternando la poesia di Calabrò ed elevandola quindi nell’olimpo della poesia mondiale. Nelle note biografiche delle ultime pagine possiamo notare le molte traduzioni pubblicate in altre lingue e le numerose presentazioni e premiazioni che attestano l’universalità della sua parola. La poesia di Calabrò rappresenta un tema fondamentale per interpretare i tempi che viviamo, per queste ragioni è stata spesso oggetto di studi e di acute esegesi che ora è possibile consultare insieme in un unico testo, per avere un quadro panottico che ci permette di misurare il panorama della sua scrittura. Per dare un piccolo assaggio di quanto presente segnalo tra i tanti il saggio breve di Renato Minore sulla pubblicazione La quinta dimensione, dal titolo L 'opera. Il mare, l’amore e l'astrofisica: le poesie scelte di Calabrò, a pagina 218, in cui dice: "Il confronto tra astrofisica e religione, tra deduzione, sogno e desiderio è dialogo in cui la poesia diventa il luogo di un'impossibile sintesi nel segno dell'assioma di Steven Weinberg (Più l'universo sembra comprensibile, più appare privo di scopo) che è messo come epigrafe a una sorta di apocalisse, narrata in tempi reali e con rapidi squarci, episodi globali e vissuti privati. Nelle pagine di questa antologia critica si apprezza il tracciato di spunti e riflessioni sulla poesia e sui punti cardinali che hanno dato spazio alle interrogazioni che il Nostro ha espresso nel segno linguistico della sua vocazione alla verità della parola. Vocazione che è maturata già nell’età giovanile attraverso le suggestioni oniriche, le isotopie dell’acqua, gli archetipi della donna e del mare elaborate con ispirazione alla metafora della fecondità metafisica. Nel bel saggio-intervista a cura di Fabia Baldi, a pagina 11, già apparso nella pubblicazione L'altrove nella poetica di Corrado Calabrò, si trovano tutti gli ingredienti della sua poetica e di quando ha iniziato l’ininterrotto idillio con la poesia. Calabrò ci dice: Vivevo, nelle lunghe estati, in una casetta ai bordi della spiaggia a Bocale [...] Non era solo un altrove spaziale, era un altrove anche temporale. [...] L'estate era vacanza, vacatio da qualsiasi imposizione. Ricordi rievocati nella poesia Dormiveglia, a pagina 14: Nella casa ai bordi della spiaggia / tutta la notte quand'ero ragazzo / mi cullava, supino, la risacca. / Era grande il silenzio dell’estate / in quegli anni per un adolescente. / Forse davvero forse ancora in sogno / la luna dilatata dai vapori / giganteggiava nel cielo notturno, / come se avessi gli occhi allucinati / dall’atropina...

Voglio concludere con i versi di Calabrò “Sono una barca spogliata di vela / che anela inutilmente al mare aperto...", metafora della sua aspirazione a spingersi nell’altrove, oltre ogni limite, fino a percepire l'autenticità del suo essere uomo, del suo immergersi nel mare, mare che fluisce oltre l’orizzonte. Un testo che ossigena il pensiero e impreziosisce gli scaffali di ogni libreria.

 

in: Letteratura e Pensiero, n. 9, luglio-settembre 2021

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