"Street art" - di Domenico Di Vincenzo

 

 

Città squallide, atmosfere tetre, architetture disordinate: un pugno in un occhio, anzi in tutti e due, per chi ama il bello, la luce, l’equilibrio delle forme e dello spazio.

Andiamo in giro a Palermo, in buona compagnia, e cogliamo olezzi e disordine. La città è come un formaggio, maleodorante e con l’asfalto stradale costellato di buche e rattoppi. Zigzagando fra le automobili sul marciapiede, evitando gli ostacoli che si frappongono per l’occupazione del suolo pubblico, abusiva o legalizzata a fronte del pagamento della tassa comunale, ci si imbatte in monopattini elettrici abbandonati, in attesa del recupero da parte della ditta di servizio. Ecco, al centro della piazza, un basamento marmoreo reca sulla sommità un personaggio illustre, almeno un tempo. La targa commemorativa, illeggibile, reca segnali poco decifrabili, messaggi subliminali lasciati a chi da chi non si sa. Lo stesso personaggio illustre, sicuramente non nostro contemporaneo, appare ad un tratto, con baffi, di vernice, sul candido bianco marmoreo, a ricordare altri di triste memoria. Verrebbe da sorridere se non fosse elemento di plagio storico, nonché cattivo gusto, trasformare Francesco Crispi in Adolfo Hitler.

Ancora due passi e siamo arrivati a destinazione. Meravigliosa la villa nei pressi dell’Orto Botanico di questa nostra città, ricca di biodiversità. È un passeggiare soave tra piante fiorite di varia provenienza, un paradiso terrestre – si potrebbe dire – se non ci fossero elementi di disturbo, statue decapitate e scritte oltraggiose. È un luogo frequentato da famiglie e da bambini. Perché mai – ci si chiede – si deve manifestare il proprio antagonismo sociale, la propria avversione alle regole della convivenza civile e l’anarchia dei propri pensieri, in tal modo? Non riesco a trovare una risposta se non attingendo alle mie conoscenze psichiatriche. Comunque sia, son mancati i controlli e le casse vuote non riescono a far fronte all’ordinaria manutenzione di un bene comune.

Stavo scrivendo questa nota quando un caro amico mi ha mandato un messaggio whatsapp invitandomi a scrivere di street art. Nulla accade a caso e quest’invito giunge al tempo giusto. Qual è il retroterra? Le nostre escursioni fotografiche a cogliere della città gli aspetti, promuovendo il bello, denunciando il brutto. Almeno su questo siamo d’accordo.

 

Poi andrebbe argomentato su che cosa sia il bello e che cosa sia il brutto. Della serie ad una domanda non una ma cento risposte. Ed ancora: cos’è l’arte? Cos’è la libertà d’espressione? Dunque l’invito non poteva essere più gradito. Dal confronto e dall’incontro nascono idee nuove e sopratutto “alla fine della fiera” ne usciamo tutti un po' più arricchiti.

Particolarmente gradito perché mi permette di esplicitare la mia idea di città “ideale”. Certo, non senza sofferenza, tanto distante è l’utopia dal vissuto reale odierno. Andrebbe ripensato l’assetto urbanistico e i servizi. Andrebbe riconsiderato quale è l’interesse primario, quello del singolo o della collettività? La politica per l’uomo anziché la politica per il profitto. La politica, si. Quella che dovrebbe indirizzare le scelte dei singoli nel rispetto di tutti e di tutto.

 

 

Per gioco o con molta serietà diciamocelo. Servizi efficienti. Rispetto ambientale. Sviluppo sostenibile. Impegno a rimediare agli errori del passato. Spazio alla libertà di espressione ma nell’alveo di una accettabile condivisione. Rispetto. Rispetto. Rispetto. Perché a noi non ce ne frega ma proprio niente se Luca ama Clara. Può dichiararsi con un sms anziché apporre quel marchio di infamia ad un monumento, una porta di una chiesa o nel muro di cinta della vecchia città trecentesca. E il colore? Ciascuno usi la sua “palette” tenuto conto dell’impatto visivo.

Street art si, compatibile. Un richiamo agli artisti ad esprimersi al meglio delle proprie capacità, perché non c’è cosa deteriore di chi non ha né i mezzi né le idee per proporre qualcosa. L’artista, se è tale, non imbratta, dipinge. L’artista, se è tale, comunica non respinge. Quando la città sarà così ripensata, sarà tutta da vivere e – in qualche modo – saremo più felici e meno nevrotici nei nostri comportamenti.

 

John Lennon, Praga

 

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