"La mappa del tesoro" di Vincenzo Gennaro

Nuvole minacciose si danno convegno all’orizzonte orientale, si aggrumano, si addensano e si ammucchiano, sono sempre più nere, ma non piove ancora, non nevica, non grandina ne tira vento, una strana luce rossastra dipinge tutto con le sfumature della terra cotta nei forni dei laboriosi ceramisti siciliani. Non un rumore, un fruscio, nulla che turbi questa atmosfera surreale, sembra uno scenario artificiale ideale per un film sulla vigilia dell’apocalisse. Incollati alle finestre, mani, fronti e nasi scacciati sui vetri, in silenzio con il cuore sospeso si aspetta il fatidico evento, si aspetta ma non arriva, nessun indizio è solo una sensazione, una sorta di premonizione, un vento dell’Est sconvolgerà il mondo dell’Ovest?

Nessuno lo sa, nessuno elabora ipotesi  ne fa predizioni, Calcante è morto, Laocoonte e i suoi due figli pure, Cassandra non ci illumina con le sue visioni ed i profeti sono stanchi di parlare a chi non li ascolta e non li ha mai ascoltati, gli sciamani continuano  vestiti da grandi  uccelli piumati a calpestare ossessivamente la terra sino allo sfinimento, ballando in cerchio attorno al fuoco la danza dell’antico spirito in attesa della rivelazione, ma l’antico spirito non si manifesta, la rivelazione non arriva nemmeno quando lo sciamano stramazza a terra sfinito ed esausto. Nel rituale qualcosa non va, abbiamo dimenticato un dettaglio dice il gran sacerdote, abbiamo perso il contatto magico  con le radici della nostra cultura ancestrale che ci aveva sempre guidato, abbiamo dimenticato la via che porta alla capanna iniziatica, abbiamo dimenticato gli antichi valori, le formule, le preghiere, siamo rimasti soli negli sconfinati deserti dell’anima, nessuno ci potrà aiutare se non ritroviamo la mappa dei valori e delle competenze perdute, la mappa del tesoro.

A volte una innocente deviazione ci porta in territori sconosciuti e impraticabili, ci porta negli sconfinati deserti dai quali non si esce ne vivi ne morti. Bisogna fermarsi, capire dove abbiamo sbagliato e rielaborare un nuovo percorso.

Meglio fermarsi, correggere e riflettere che perseverare nella direzione sbagliata, ma la riflessione è un privilegio di pochi, cosi siamo calati nelle sabbie mobili  e sprofondiamo in attesa di un salvatore che non arriva.

Forse rinnegando i vizi e ricostruendo le virtù dell’antico spirito, forse sradicando la corruzione e ripiantando i semi dell’onestà, forse ricostruendo la catena del comando soffocando i fumi del qualunquismo e dell’anarchia e forse mille altre cose, troppe cose da cambiare, forse mandando in esilio chi pratica  il valore dell’appartenenza contro quello della competenza, forse contentarsi del necessario e rinunziare al superfluo, forse ci vuole una equa distribuzione di ossigeno fra i cittadini del mondo gestita da un faraone virtuoso senza corte,  ne notabili, ne maghi,meglio senza consulenti che troppo spesso consigliano male ed in modo interessato. Forse ci mancano le energie per ricominciare tutto da capo e il baratro non ci spaventa rassegnati alla fuga e all’abbandono dei nostri borghi. Forse abbandoniamo un deserto per addentrarci in un altro più grande e più arido.

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