"Il genio sacro dell’arte siciliana" di Ciro Lomonte
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- Category: Arte e spettacolo
- Creato: 06 Ottobre 2025
- Scritto da Redazione Culturelite
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Aliquis facete et commode dicant
Nelle opere del critico austriaco di architettura Hans Sedlmayr (per esempio Perdita del centro oppure La morte della luce) si evidenzia una caratteristica onnipresente nell’arte autentica: essa è la punta dell'iceberg, rivela i valori e la salute di una civiltà. Manifesta la ricchezza economica e quella culturale di un popolo. Non è una terapia, né tanto meno gli artisti sono medici o addirittura sacerdoti di una super religione, come sosteneva Piet Mondrian, bensì una maniera di fare una diagnosi corretta delle eventuali patologie di una società.
Da questo punto di vista bisogna uscire dal vicolo cieco degli stereotipi in cui ci ha sospinto Giuseppe Tomasi di Lampedusa con la sua raffinata ironia, invisa sia a coloro che amano appassionatamente la Sicilia sia a quanti odiano visceralmente i siciliani, ritenendoli colpevoli di tutti i mali che subiscono da più di duecento anni. Prendiamo un brano del famoso discorso del Principe Salina a Chevalley: «Questa violenza del paesaggio, questa crudeltà del clima, questa tensione continua di ogni aspetto, questi monumenti, anche del passato, magnifici ma incomprensibili perché non edificati da noi e che ci stanno intorno come bellissimi fantasmi muti; tutti questi governi, sbarcati in armi da chissà dove, subito serviti, presto detestati e sempre incompresi, che si sono espressi soltanto con opere d’arte per noi enigmatiche e con concretissimi esattori d’imposte spese poi altrove; tutte queste cose hanno formato il carattere nostro che rimane così condizionato da fatalità esteriori oltre che da una terrificante insularità di animo».
Già Leonardo Sciascia aveva contestato queste affermazioni del Gattopardo. Violenza del paesaggio e crudeltà del clima? A parte il fatto che diversi fattori hanno trasformato alcune parti dell’Isola in territori aridi, mentre prima erano ricchi di boschi e di corsi d’acqua, neppure oggi è consentito enfatizzare presunti aspetti negativi del nostro gradevole clima, 365 giorni all’anno. Monumenti fabbricati da stranieri? Queste cose lasciamole dire agli pseudo storici che non hanno mai consultato uno dei ricchissimi archivi delle nostre città. I veri storici, quelli che esaminano con acribia i documenti, sanno che lo straordinario patrimonio di opere d’arte della Sicilia è opera di siciliani, per nascita o per adozione. Dominazioni? La Sicilia è stata il più antico regno parlamentare del mondo, dal 1130 al 1816. A parte qualche eccezione significativa si sono verificati in realtà passaggi dinastici, non conquiste militari. Giusto per fare un esempio, quando sposò Isabella di Castiglia, Ferdinando venne presentato come Re di Sicilia e poi come Re di Aragona. I Viceré erano in Sicilia per rappresentare il Re quando questi non risiedeva nell’Isola (come fece invece meritoriamente Federico II di Sicilia). Dagli studi di esperti come Joan Lluís Palos Peñarroya, dell’Università di Barcellona, risulta che i Viceré ricevevano il preciso mandato dai sovrani di rispettare il parlamento e la popolazione siciliana. Fatalismo? Non siamo mai stati Magna Grecia. C’è stato semmai un tentativo di instaurare un Regno siceliota. Non abbiamo nel sangue una tendenza alla rassegnazione che potrebbe derivare dalla mitologia e dalla tragedia greca, oppure dallo spirito di sottomissione tipico degli islamici, peraltro cacciati definitivamente dalla Sicilia nel 1246. Insularità d’animo? Questa è davvero una bella sparata. Se c’è un popolo che ama il viaggio, lo studio delle lingue, la relazionalità, quello è proprio il popolo siciliano. Ovviamente non mi riferisco al fenomeno dell’emigrazione forzata, relativamente recente.
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