"Eugenio Formisani, un pittore siculo-napoletano dell’Ottocento" di Vittorio Riera

Eugenio Formisani
Destino dei ‘minori’ è quello di essere trascurati e, peggio, ignorati dai critici di professione che non riescono – o non vogliono – trovare un po’ del loro prezioso tempo per fare le opportune e spesso faticose ricerche che, sole, possono mettere a fuoco determinati artisti, siano essi scrittori, poeti, musicisti, pittori e via continuando. Sicché bisogna aspettare gli anniversari – che so io, il cinquantenario, il centenario – per tornare a sentire parlare di figure o di movimenti che pure hanno lasciato il segno in questo nostro tumultuoso e per certi versi meraviglioso tempo (penso alla straordinaria rinuncia di Benedetto XVI al soglio pontificio e quindi al compito, i
mmane, di continuare a costruire ponti e arcobaleni di pace, di fratellanza, di carità per i quali occorre un vigore fisico che il Papa probabilmente sentiva di non avere più). Esempi di queste ‘ignoranze’ se ne possono fare a iosa su tutti i campi dell’arte, e proprio per questo, per questa abbondanza, intendiamo, preferiamo sorvolare e dire subito che anche ad Eugenio Formisani (Fig. 1) è toccata la stessa sorte, quella cioè di essere in qualche modo tenuto presente finché in vita (il Formisani era nato a Palermo nel 1830) e di cadere nell’anonimato subito dopo la morte avvenuta a Napoli nel 1907. L’ultimo intervento, mentre l’artista era ancora in vita risale, infatti, al 23 febbraio 1900 allorché una rivista del tempo “La Discussione” dava conto in termini entusiasti di un bronzo dell’artista siculo-partenopeo. Poi, a quel che ci risulta, è caduto il silenzio interrotto soltanto nel 2004 allorché, per le Edizioni Orizzonti Meridionali veniva pubblicato un saggio a firma Ugo Campisani nel quale è ripercorsa l’intera attività artistica del Formisani, mentre Simonetta La Barbera, dell’Università di Palermo, all’interno di un articolo citava il Formisani ma aggiungeva che di lui non si avevano notizie. A riguardo, è lo stesso Formisani che ce ne fornisce tutti gli elementi grazie a quello che egli volle intitolare “Giornale e più precisamente (e più estesamente) “GIORNALE dei Lavori artistici e di composizioni e pitture per uso di Eugenio Formisani. Incominciato dal 1 GENNAIO 1854 -(2° anno di pensione in Napoli)”. di cui gli eredi ci hanno fornito cortesemente copia manoscritta.
Il documento ci consegna un artista diviso tra la famiglia (il Formisani ebbe nove figli), l’insegnamento privato e l’attività creativa vera e propria. Di ogni opera l’autore annota meticolosamente il titolo, la tecnica, il committente, le dimensioni, l’ubicazione e persino il compenso, che avveniva spesso a rate e talvolta in natura; non solo, ma di molte opere è possibile seguire i progressi, dal bozzetto iniziale all’opera finita.
Da questa sorta di diario, dal quale è possibile anche cogliere qualche spunto biografico (la morte della mamma, ad esempio, il matrimonio, la morte di un figlioletto, i suoi spostamenti sempre per motivi di lavoro in altre città, Gaeta, Palermo, Maragliano, Capua); da questo diario, si diceva, si ricava che la sua attività si è esplicata lungo quattro direzioni: la pittura, il restauro, la litografia, la scultura.
Santa  Caterina da Siena  e il
Beato Raimondo da Capua. 

 

 

Sul piano pittorico, ricorrenti sono le Sacre Famiglie, il tema dell’Addolorata, la Madonna del Rosario di Pompei, il Sacro Cuore di Gesù, le figure di santi e sante come nel caso della sesta cappella nella Basilica di San Domenico il Grande, a Napoli, dove sono ubicati tre pale d’altare come a formare un trittico (1858-1865): Santa Caterina da Siena con il suo confessore, il Beato Raimondo da Capua (Fig. 2), al centro, a destra la Beata Colomba, fondatrice di un Monastero domenicano, e, a sinistra, il biografo di San Domenico, il Beato Francesco de’ Possadas, anch’egli protagonista di un gran rifiuto, quello dell’elezione a vescovo di Alghero e di Cordova.

Pressoché parallela a quella di pittore corre l’attività di restauratore che gli valse la stima del caposcuola della pittura napoletana ottocentesca Domenico Morelli, il quale gli affidò l’incarico di restaurare importanti quadri quali quello della Madonna morta di Silvestro Bono nella Chiesa napoletana di S. Pietro Martire, opera scoperta peraltro dallo stesso Formisani. Oltre che con Silvestro Bono, l’artista si cimentò con tele del Caravaggio (1573-1610), di Guido Reni (1572-1642), Salvator Rosa (1615-1672), Luca Giordano (1634-1705), Berrnardino il Siciliano (1572-1645).
Anche le litografie, come le pitture, non si discostano dalla poetica che più lo caratterizza, il sacro: presenti vari santi (San Sebastiano, San Vincenzo, San Catelllo, tanto per citarne alcuni), le beate e le Madonne care alla devozione popolare. Analogamente può dirsi per le sculture, settore nel quale l’artista predilesse la lavorazione del legno (si segnala, fra l’altro, una SS Vergine del Carmine in grandezza naturale), e in minore misura della cera (cameo raffigurante un puttino di Raffaello), del bronzo (due putti che tengono la corona per la chiesa di S. Maria dell’Arco) e del gesso (busto di un bambino).
Accanto a queste attività, sono da segnalare diversi schizzi preparatori e disegni di episodi tratti dalla Bibbia (citiamo per tutti Sansone che scuote la colonna del tempio), o da fatti storici (La Regina Clotilde), o ancora dalla vita di Benvenuto Cellini o dalla Divina Commedia (Il Capaneo, Dante che porta in trono la Poesia). Non mancano i paesaggi, così come frequenti sono soprattutto i ritratti che il clero o l’aristocrazia del tempo gli commissionava o le esigenze del tempo richiedevano (si vedano, ad esempio, i ritratti di Francesco II che il Formisani realizzò subito dopo l’ascesa del re al trono, nel novembre del 1859).
Autoritratto (1859).
Famedio Biblioteca comunale Palermo
Per quanto vissuto, come si è detto a Napoli fin dalla giovinezza, il Formisani tenne rapporti di lavoro e di amicizia con Palermo, la sua città natale, dove ritornò più volte per motivi di lavoro e dove ancora risiedevano membri della sua famiglia. Fu soprattutto in corrispondenza con Giuseppe Di Giovanni (1814-1898), del quale ci siamo più volte occupati in più sedi, partecipò inoltre all’Esposizione nazionale del 1891-92 con due quadri, Torquato Tasso La derelitta, (rispettivamente n. 261 e 458 del Catalogo). Tre suoi oli – L’Autoritratto (Fig. 3), il ritratto di Filippo Aloisio Juvara (1859) e quello della poetessa messinese Anna Maria Arduino (1869), tutte e tre commissionatigli da Agostino Gallo, sono andate ad arricchire il Famedio dei Siciliani illustri della Biblioteca comunale di Palermo. Alla Galleria Interdisciplinare Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis, infine, è conservata una stampa raffigurante Giuseppe Patania alla cui realizzazione il Formisani partecipò unitamente allo stesso Patania, che la dipinse, e a Giuseppe Di Giovanni, che la disegnò su pietra.
 
 
 
 
APPENDICE FORMISANI SCULTORE
 
 
1856- FEBBRAIO. Ho modellato in creta un bassorilievo di palmi 1 per 1 e ½.
1860 - MA. - GIU.- LU. - Esecuzione del medesimo[1] in creta cotta, ma non ispedito.
1866 - Dal Giugno sino al mese di Agosto occupato nell’esecuzione di un busto da me modellato in creta del medesimo ritratto del detto Sig. Di Francesco, e per il ritocco di altri 15. Tre (?) se ne sono fatti fare in gesso sull’originale medesimo.
1867 - Novembre – Dicembre. Bozzetto modellato in creta palmi uno e 3/3 del soggetto S. Giuseppe col Bambino in braccio da eseguirsi nella statua in legno e sotto la mia direzione.
1868 - GENNAIO. Terminato il bozzetto in creta.
Replica del soggetto modellato in creta del San Giuseppe di palmi 2.
GIUGNO. Terminata la direzione della statua al vero in legno del San Giuseppe e dipintura di essa.
1870 - Modello in creta di palmi 1 ½ rappresentante S. Pietro (?)
1871 - Bozzetto in creta di palmi 1 ½  del soggetto la SS Vergine del Carmine da servire per l’esecuzione in legno di grandezza naturale.
Direzione della statua in legno e dipintura di essa statua.
Cameo in cera rappresentante un puttino di Raffaello.
1872 - Dipintura della statua della S. Vergine del Carmine in legno al vero.
1873 - Piccolo disegno nell’Album grande del soggetto La Rinunzia della feudalità fatta da Baroni siciliani. Soggetto dato dal Municipio di Palermo per un Concorso. Cartone di due putti al vero che tengono una corona. Da doversi modellare in cera per la (?) in metallo. Commissione di S. M. dell’Arco(?).
Teste di S. Anna e della Beata Vergine scolpite da me sopra legno. L. 160.
1874 - Modelli in creta di due putti che tengono la corona, da doversi fondere in bronzo per la chiesa di S. Maria dell’Arco. L. 150.
Modello in creta e formatura con getto in gesso di una raggiera con in mezzo la figura (?) della B. V.
Testa mani e piedi di una statuetta dell’Addolorata di legno tiglio di palmi 2. L. 60.
Puttino scolpito in legno tiglio di palmi 1.
1875 - Busto in gesso modellato in creta del suddetto bambino di Ferretti.
Restauro di una statua di legno della Vergine del Rosario. L. 200.
1879 - Dipintura di un prospettino (?) di legno intagliato. L. 10.
1883 - Crocifisso in legno tiglio in croce di palissandro. L. 150.
 
1899 - Luglio. Un Serafino modellato in creta. Regalato.
1900 - Marzo. Modello in creta del medaglione rappresentante il profilo del Comm. Minichini al vero collocato sul monumento eretto a San Domenico Maggiore già fuso in bronzo e per amicizia pagato ½. L. 150.
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