XXVI Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà

Nel l 1965 accadde un evento dalle  conseguenze non valutate , troppo immerso in quel che facevo  e vivevo.  Tra le collaborazioni anche la  rivista “Orizzonti”, della San Paolo, editrice cattolica importante, dirigeva la rivista un  sacerdote amante della cultura, effettivamente “ aperto” ,il quale si era  entusiasmato  del mio libro di poesie da leggerlo pubblicamente in un corso di studi che gli teneva. Ne diede notizia su “La Fiera Letteraria” Fortunato Pasqualino, che volle presentarmi a Bonetto, per voglia del Bonetto.  Costui mi chiese di collaborare ad Orizzonti. Proposi raffigurazione di scrittori, ormai ne conoscevo  tanti, e forse il primo articolo riguardava Alberto Moravia. Ne concepii una descrizione fisica di Moravia che forse non era  magnificante tenuto conto che  Moravia non era certo bello  piuttosto  significativo, trapezoide, linee dure nel volto, marcate, caratterizzate, bocca gentile, labbra stese, sottili, occhi incavati  con sopra ciglia a sbuffo, zigomi forti, un aspetto tutt'altro che rassicurante, un burbero benefico, in effetti Moravia era  apparentemente scontroso ma in realtà amichevole, colloquiale, spontaneo, e indagatore. Eravamo a cena a Piazza del Popolo, io, Elsa  De Giorgi e Pasolini . L'articolo  appena uscito , e Pasolini lo leggeva, e gli notavo una espressione  incerta, insoddisfatta, mi dice :” Lo hai  fatto leggere a Moravia?” . “ Sì, gliel'ho detto”. Moravia stava a pochi metri da noi, al tavolo da Rosati dove sostava spesso. Non capivo la  cautela di Pasolini. Ma aveva percepito quel che io non sospettavo, in quanto apprezzavo Moravia e non intendevo dirne malevolmente. Invece accadde che amici di Moravia ma non amici miei accentuarono qualche mia dicitura forse sull’aspetto di Moravia, o qualcosa di non rispettoso nei suoi confronti, al dunque Moravia, che era generosamente amichevole con me, collaborai a “Nuovi Argomenti” con i massimi intellettuali per vari numeri, ne venne deluso o altri, giovani rivali, lo suggestionarono a deludersi, e  chiese spiegazioni sul mio agire. Non avevo intenzione sminuitiva   nei confronti di Alberto Moravia,  il solo con cui discorrevo  in approfondimenti non  testardi, non  infondati, volevo soltanto dichiarare una  espansione comunicativa  più immersa nel dubbio che assertiva,  abbandonata, offerta,  Per giustificarmi dissi che vi era un finale reciso, e non dicevo il vero, poi mi chiusi ad ogni spiegazione, non volevo dire alcunchè di sminuitivo piuttosto la disposizione senza calcolo, fluente al dialogo di Alberto Moravia. Proprio :si lasciava prendere, amava capire, intendere, conoscere e largiva quanto concepiva, e se straripava era per disposizione a versare la sua mente negli altri. Vi erano ulteriori aspetti. Io non ero e non sono inclinato a fare parte di un gruppo, e vi erano gli “amici di Moravia”,  ero amico di Moravia  ma senza ritenermi in un gruppo . E’ un aspetto che vaglierò. Inoltre, stavo ormai con Elsa De Giorgi, la quale si ergeva a paladina degli altri, mentre sarebbe stato necessarissimo rendersi paladina di sé. Nel paladinismo la De Giorgi diede posto ad Elsa Morante che Moravia aveva abbandonata per vivere con Dacia Maraini, io  avevo  un eccellente rapporto con Moravia e molto cordiale con Dacia, Elsa De Giorgi  invece era renitente verso Dacia Maraini non esplicitamente, quando accadde la vicenda del mio articolo malinteso la situazione peggiorò,  comunque  non mi interessava nessuno di questi intellettuali, Moravia valeva, ma lo stesso Pasolini, Bernardo Bertolucci, Enzo Siciliano, per nominare frequentatori di Moravia non avevano alcunchè

di traente, aggiungo un certo moralismo provinciale alla  invadenza di ampia omosessualità, insomma mi appartai nei modi che dirò.  E poi, non giorno privo dia causa,  avviso, tra Elsa  ed i Contini Bonacossi. Elsa, lo ripeto, era molto combattiva, non si ritirava , si scatenava, frequentemente ci scampanellava un Tizio ,giallastro bile di volto, aspetto lugubre, incattivito recatore di brutture, qualche citazione, qualche  notizia giuridica tutt'altro che 

confortante la porgeva con godimento mortuario a vedermi sbiancare.  Elsa era legatissima ad  una avvocatessa, Bassino, moglie di un celebre giurista, Sotgiu, la Bassino  nata per dare causa, bastava qualche parola e Lei immediatamente: Facciamo causa. Anziana, biascicava più che parlare, forse mancava di dentatura, magra , tutt’ossa, dietro una ponderosa scrivania , alle spalle la parete di vetri colorati che filtravano luci , mi sembrava di stare in una chiesa. Parlava, parlava ,sbavazzando dalla bocca risucchiata, occhi  grandi marroni, castagne bollite, e travolgeva ELSA CON MIRFABILIE  DI PROSSIMI ATTI  LEGALI E SICURE VITTORIE. Elsa contentissima di farsi immergere quotidianamente nel mondo delle liti, e non ci furono  giorni sereni, dicevo. Mi trovai immerso , sommerso anch’io. La solitudine, fare le cose mie, niente. Ormai preso dal rapporto me ne assumevo l’incarco per difenderla, e c'era proprio da difenderla, Elsa  avrebbe fatto causa per ogni circostanzietta, una vitalità che doveva spendere e, pure, un indomito sentimento difensivo, non soccombere. Ormai si dedicava alla scrittura  con rapidità conclsa ed energica, “L’Innocenza”,  racconto di una ragazzina che toglie il fidanzato alla sorella, psicologicamente settecentesco come piaceva a lei, e “Storia di una donna bella”, “Un coraggio splendente”, oltre “I coetanei” mi fecero apprezzare Elsa al di sopra di altri o altre vantati e vantate.  Quando ci separammo scrisse uno dei libri maggiori del Ventesimo secolo: “L'eredità Contini Bonacossi”(Mondadori), la storia della raccolta di  dipinti di altissimo livello che si dispersero dopo la morte del  Senatore  Contini Bonacossi e della valentissima moglie Donna Vittoria, e la scomparsa di Sandrino Contini Bonacossi. Era il tema essenziale della drammaticissima situazione. Che aveva fatto Sandrino per scomparire? Era stata la relazione di Elsa con Italo Calvino a renderlo fuggitivo, o mercanteggiamento di quadri illecito, di valuta? Per Elsa esisteva coinvolgimento di  tutto e tutti. Lascio alla lettura de “L’Eredità Contini Bonacossi” la cognizione degli eventi . Dicevo: la narrazione più drammatica del XX secolo. E per anni l’ho vissuta. Sandrino Contini Bonacossi fuggì negli Stati Uniti, pare certo che si unì ad una donna similissima alla De Giorgi, morì o si uccise prima della morte di Elsa. Elsa manteneva  amicizie  vaste e cospicue, da parte mia avevo le  amicizie dovute alla  notorietà dei miei  scritti. Elsa non teneva un “salotto” come la Bellonci, la Astaldi, ma venivano tutti o tanti da noi. In una di queste riunioni serali  rividi incredibilmente la persona che avevo incontrato  all'Università di Firenze, il docente di sociologia Mino Vianello, amico di Elsa,  il quale saputo che  avevo scritto un saggio sulla letteratura italiana del Novecento mi dice di inviarlo al Preside della Facoltà  Vittorio Castellano , lo invio, incontro Vittorio Castellano, che mi attribuisce l’insegnamento nella Scuola di perfezionamento in sociologia e ricerca sociale, connessa alla Facoltà si Statistica, alla Sapienza di Roma. Intanto, mese, anno più o meno, avevo strettissima amicizia con Vasco Pratolini e Mario Luzi, quest’ultimo aveva pubblicato per Vallecchi il mio libro di poesie “La Conclusione”. Da entrambi i rapporti derivano effetti  sostanziali nella mia vita.

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