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Sandra Guddo, “Gramigna. Storie di gente di Sicilia” (Ed. Porta Nuova) - di Pierluigi Tamborini

Dopo i Ciciri ecco che arriva la Gramigna.

Sandra Guddo non lascia ma raddoppia e lo fa con i diciassette racconti dedicati alla sua terra e alla gente della sua terra, la Sicilia. E subito scatta nella mente l’immagine di una miniera dove un ragazzino è costretto a lavorare in condizioni inumane. Perché quell’immagine? Perché l’immagine di un vecchio costretto a tagliarsi la barba in nome di non si sa bene quale legge che concede questo privilegio solo ai ricchi e ai nobili? La risposta sta in una sola parola: Storia.

La Storia siamo noi, nessuno si senta escluso”. Vi ricordate queste parole? Erano di un menestrello che risponde al nome di Francesco De Gregori. Ecco, è proprio vero, tutti noi siamo la Storia, sia che siamo famosi, sia che lasciamo sulla Terra debolissime tracce del nostro passaggio.

Sandra Guddo scava nel passato e applica una ricetta che già ha funzionato nel suo precedente libro. Ci narra la Storia con la S maiuscola adattandola a protagonisti, diciamo di serie B. E lo fa usando quella macchina del tempo-spazio con la quale scorrazza per circa sette secoli con una buona dose di sana e coraggiosa sfrontatezza.

La quale però arriva al punto di scomodare anche personaggi famosi come lo Stupor mundi, vale a dire Federico II di Svevia e il suo ministro Pier delle Vigne. Sì proprio lui, quello che tenne “ambo le chiavi del cor di Federigo”, reso celebre dal Sommo Poeta nella Divina Commedia.

 E poi su, su, fino all’arrivo degli Americani durante la Seconda guerra mondiale.

 C’è il rischio di essere destabilizzati? Forse, ma c’è un antidoto molto semplice. Leggete questi racconti uno alla volta e lasciateli decantare. Spargeranno intorno a sé il profumo del tempo e li potrete apprezzare alla grande. Anche per questo, come già fatto in occasione di Ciciri, l’autrice intervalla i racconti “impegnati” con quelli più leggeri che sono comunque ricchissimi di informazioni su usi e costumi locali. Trucchi letterali che nascondono una certa abilità nel manovrare le parole con una scrittura a volte semplice ma sempre chiara ed incisiva, che alla fine raccoglie lo scopo principale: informare e raccontare la Storia dal basso, da una prospettiva che i libri del settore spesso, per discutibile scelta, sono portati ad ignorare.

Nel suo vagare attraverso il tempo, molta parte di questi racconti sono dedicati alle lotte contadine dell’Ottocento e al tentativo dei Siciliani di raggiungere un livello sociale più elevato rispetto alle condizioni inumane in cui si trovano spesso a sopravvivere.

Tra i tanti personaggi che diventano così indimenticabili mi piace ricordarne uno in particolare ed è la protagonista del racconto “Un’intrusa a casa Florio”. Un racconto che merita di essere scandagliato riga per riga perché riesce a coniugare l’aspirazione ad una vita migliore di una ragazza chiamata come pianista nella casa dei Leoni di Sicilia e la figura di donna Franca Florio magistralmente descritta nel suo sorriso di facciata che diventa, in un momento di sconforto per le traversie economiche della famiglia, il “cono d’ombra delle sue fragilità”.

Ma dietro tutto questo c’è sempre lei, la “terra impareggiabile” che nel racconto finale, dove due giovani danesi scelgono Corleone come teatro del loro matrimonio, tenta di togliersi la scomodissima etichetta che inevitabilmente la lega alla mafia.

 Ma la Sicilia è molto di più di questo. É una terra di esperimenti e di contaminazioni culturali, vero e proprio incrocio di civiltà. Di qui sono passati greci e bizantini, arabi e spagnoli, angioini, normanni, borboni, piemontesi e garibaldini. Perfino gli americani, tanto per non farsi mancare nulla. Ma il popolo autoctono, pur raccogliendone le eredità, ha sempre saputo mantenere la sua identità, interagendo con una terra che è un ossimoro vivente, terra di contrasti e di contraddizioni, di dolore e di meraviglia. Impareggiabile, appunto. Uno scrigno, una miniera inesauribile. E non mi meraviglierei se dietro tutto questo, che non è altro che l’ennesima dichiarazione d’amore ci fossero due espressioni come queste: “Ti amo per quello che sei” e “Ti amo nonostante quello che sei”.

In attesa di una terza puntata spero di avervi convinto. E se è così che cosa state aspettando? La macchina spazio-temporale è pronta per un altro giro di giostra. Siete pronti? Allora allacciate le cinture. Si parte.

 

 

 

PIERLUIGI TAMBORINI
Varesino di nascita, trevigiano d’adozione, ha iniziato la carriera giornalistica collaborando con la Prealpina. Nel 1976 è stato addetto stampa del Commissario straordinario per il terremoto in Friuli. Quindi ha lavorato per 30 anni nella redazione del Gazzettino di Treviso. Scrittore eclettico ha pubblicato molti racconti per i quali ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti. Al suo attivo i romanzi” Il Barbiere di Treviso”, “ Il centroavanti triste” e “ Hotel Praga, la ragazza dell’universo accanto” ottenendo ampio consenso di pubblico e di critica. Infaticabile operatore culturale, organizza concorsi e premi letterari apprezzati per il rigore e la serietà che li contraddistinguono.

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