Prefazione di Maria Patrizia Allotta a "Il furore del cigno" di Alessandro Giacalone (Ed. Thule)

Scrivere non è niente più di un sogno
 che porta consiglio.
 
Jorge Luis Borges
 
 
 
Pagine lievi queste a seguire. Soavemente leggere. Amabilmente gradevoli.
Fogli bianchi tracciati da tenue inchiostro, mai sbiadito, capace di raccontare un’anima in pieno divenire che lascia, comunque, preziosa traccia indelebile.
Carta, segnata da scrittura delicata dettata da penna acerba, ma non infantile, che nel suo fluire si trasforma in vivificante fiato.  
Un’opera certamente non compiuta ma fortemente emblematica. Quasi un singolare Zibaldone fatto di pensieri espressi prevalentemente in rima solo apparentemente scomposti e confusi ma in realtà sistematicamente ordinati e coerentemente strutturati.
Non fogli “scompaginati”, dunque, ma documenti “epifanici”. 
Sì, perché l’Autore - forse inconsapevolmente - nello scrivere la sua commedia vitale di conio adolescenziale, trascrive, contestualmente, quella tragedia umana di stampo esistenziale in cui la “dimensione apollinea” lascia il posto alla “dimensione dionisiaca” attraverso un chiaro-scuro fatto di vicinanza e abbandono, allegria e solitudine, gioia e dolore, amore e odio, vita e morte dove, tuttavia, la visione nichilistica lentamente svanisce per dare spazio alla  filosofia “dell’oltre” di  ampio respiro subliminale.   
Un mosaico insolito questa raccolta che evidenzia la condizione favorevole alla creatività artistica del nostro giovane Poeta il quale - lasciandosi alle spalle le zavorre sintattiche e morfologiche della tradizione letteraria voluta dai “sani”, dai “dotti” e dai “sapienti” e attingendo dal suo punto di vista “abissale” e “libero” - dà vita a una produzione originale basata sull’estro, sull’inventiva e, soprattutto, sull’autentica fiducia nella parola viva. 
Dunque, nessuna struttura baroccheggiante, niente impalcature fittizie, neppure inutili orpelli, né artifizi e fronzoli o deleterie maschere.  Solo una “scrittura asciutta” dettata da ethos e pathos - ancora in erba - e una “filosofia essenziale” - ancora in divenire - scandita da un logos in potenza premonitore di una possibile umanità risorgente.
E, in effetti, basta leggere quanto di seguito riportate per considerare il Nostro un nuovo “messaggero” che va alla ricerca di “nuove albe” proprio alla maniera di Nietzsche:
 
Senza passione
senza amore
l’uomo perde colore
e muore
restando vivo
 
e ancora
  La passione sta nei cuori
degli uomini
ed è il fuoco
la fiamma che arde
e ne alimenta la vita
 
e poi
Gli uomini
vivono della maledizione degli avi
puri di nome
ma non di fatto
 
e infine
 
Orizzonte
tu
sei assoluto
 
 
 Una scrittura asistematica, primordiale, istintiva e passionale.
 Schegge in versi dal carattere dialettico e dall’aspetto demistificante capaci di transitare dal soggettivo all’oggettivo, dal singolo al collettivo, dal particolare all’universale.
Aforismi liricamente vestiti capaci di proclamare entusiasticamente la filosofia di quel “viandante” che dotato di uno “spirito libero” si impegna a cercare un “nuovo mattino”.  
Sentenze poeticamente efficaci alla ricerca di quell’Assoluto che si erge in nome della Bellezza, della Verità e dell’Amore.
 
 Così scrive Francis Otto Matthiessen: “Tu non tocchi un libro, tocchi un uomo.”
 E in effetti, leggendo queste pagine questo precetto potrebbe valere anche per noi.   
Infatti, sembrerebbe di non toccare semplicemente un libro, ma, piuttosto, di accarezzare l’anima di Alessandro Giacalone che diviene pneuma di totalizzante valore.
                                                                                                                         
 
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