La bellezza è possibile in tempi di barbarie? – di Guglielmo Peralta
- Dettagli
- Category: Scritture
- Creato: 04 Settembre 2025
- Scritto da Redazione Culturelite
- Hits: 287
Forte è il richiamo della e alla bellezza in tempo di barbarie, o nel tempo della povertà, per dirla con Hölderlin. La bellezza ‘emerge’ nella barbarie. Ed è, questo, un ossimoro che ha la sua giustificazione e il suo fondamento nel crescente bisogno della pace contro il crimine della guerra, la dissipazione dei valori tradizionali (mai ‘luoghi comuni’), la distruzione della ragione, della logica, dell’etica, della morale. Ed estremamente forte è oggi nei poeti il sentimento della bellezza e la necessità di praticarla, di farne un antidoto e un deterrente contro ogni forma di violenza. Hölderlin riteneva necessaria la presenza dei poeti, nei quali riponeva la fiducia e la possibilità di salvezza, di cambiamento del destino dell’uomo e del mondo. Considerando interminabile, sia pure con le sue pause più o meno lunghe, il tempo delle guerre fin dalla primitiva presenza dell’uomo e che esse sono il cancro inestirpabile dalla volontà di potenza dei “signori della guerra”, ne deriva la grande precarietà della bellezza accanto al suo rinnovato bisogno; essa è la grande ferita, difficile da rimarginare definitivamente, nel cuore e nell’anima non soltanto dei poeti e degli uomini di buona volontà, ma anche di intere popolazioni, Alla domanda di Hölderlin: «Perché i poeti nel tempo della povertà?», includente in modo palese la risposta, e cioè l’importanza della poesia, l’esigenza di ricorrervi, di custodirla in quanto ricchezza, valore autentico da opporre alla svalutazione e alle miserie della natura umana, al depauperamento progressivo della spiritualità, c’è, oggi, da porre la controdomanda: Perché il tempo della povertà nonostante i poeti? Se, da un lato, il dolore, la sofferenza, l’angoscia per l’immane tragedia delle guerre accendono il desiderio di pace e di bellezza, delle quali si avverte l’irrinunciabile necessità, dall’altro lato, ci si convince sempre di più che la poesia, sorgente della bellezza, con la quale e della quale è “congiunta”, non è capace di connettersi direttamente con l’anima e offrire conforto nei momenti di estremo bisogno, soprattutto di fronte allo spettro di un nuovo conflitto mondiale; pertanto, la voce dei poeti sembra destinata a tacere. E in tal senso si espresse il filosofo Theodor Adorno nell’affermare che «Dopo Auschwitz non è più possibile la poesia», in linea con Quasimodo, per il quale i poeti non potevano più cantare: «Alle fronde dei salici, per voto, / anche le nostre cetre erano appese». Ma la bellezza non latita nemmeno nel tempo della più orrida povertà, dell’odio e della crudeltà; è stata presente nei campi di concentramento, dove fiorirono opere musicali straordinarie; l’arte, la poesia, la bellezza non cessarono di fronte alla più grande tragedia della storia. Anche oggi, artisti ucraini continuano a creare, a cantare, a dipingere. Oggi, l’arte digitale e performativa continua a usare il bello per denunciare ingiustizie, creare empatia, stimolare il cambiamento. In tempi di barbarie, dunque, la bellezza non è più soltanto armonia, grazia, eleganza, un ideale estetico, ma testimonianza, resistenza, memoria. Mimi Thi Nguyen, afferma che “la bellezza è politica, perché ci obbliga a fare delle scelte; è un atto di libertà, soprattutto in contesti oppressivi”. Allora, imparare a riconoscerla, rispettarla, proteggerla è un gesto civile e politico. Significa opporsi alla brutalità, alle violenze, alla superficialità. A imitazione della natura, la quale non cessa di essere bella anche quando mostra il suo aspetto terrifico, la bellezza resta tale: non viene meno il suo splendore, non muta il suo volto, non si lascia deturpare, travolgere, imbavagliare dagli aspetti sconvolgenti della vita e perfino in letteratura, là dove il tragico è la fedele rappresentazione dell’umana esistenza, la bellezza non arretra, cede la sua veste a tanta drammaticità, la lenisce, la sublima conferendole leggerezza. Anche se nella vita reale è difficile conciliare tragedia e bellezza, questa, tuttavia, è sempre possibile, perché è sempre più degna di essere salvaguardata e ‘vissuta’, rispetto alla triste e insostenibile realtà, ed è libera di occuparsi delle angosce dell’uomo, sul quale può esercitare il suo potere salvifico anche dopo eventi dall’apparenza ‘infernali’. Nell’opera, La Gaia scienza, Nietzsche dichiara quanto sia importante l’arte per la vita dell'uomo. Egli è convinto che essa sia una sorta di “antidoto” nei confronti della quotidianità. Io aggiungo che nella bellezza sta la nostra, vera saggezza; non dobbiamo, pertanto, mai disperare quando il tragico, l’assurdo, l’umana follia hanno il sopravvento sulla ragione. In virtù della sua capacità mimetica, l’arte può trasformare la condizione umana, frapponendosi tra ciò che appare e ciò che è reale. Accanto al suo ruolo di veicolo di illusioni e verità, essa, in quanto rifulge di bellezza, ha il dovere di ‘intervenire’, di mediare tra vita e morte violenta, tra ‘gaiezza’ e tragedia, e operare contro la distruzione della ragione per recuperare e ristabilire il senno smarrito, per la salvezza e la redenzione. Della bellezza si è sempre desiderosi, mai sufficientemente paghi, infinitamente innamorati anche se dannati. Perfino l’Olocausto non riuscì a imbavagliarla, a spegnere l’insopprimibile bisogno di contemplarla nel “cielo stellato sopra di noi”. L’errore di Adorno è da ascrivere alla rassegnazione di fronte a tanto orrore, alla perdita di fiducia nella possibilità dell’arte di smuovere le coscienze e di costruire una società migliore, alla debolezza della ragione, incapace di riconoscere la bellezza, là dov’è la sua culla e la sua dimora: in interiore homine, dove alberga in stretta unione con la verità luminosa, eterna, divina. Se il tempo della povertà, o della notte del mondo, perdura nonostante i poeti, non c’è ragione sufficiente per la resa, per abdicare alla sovranità della bellezza. Perché i poeti non sono in fuga, come gli Dei hölderliniani, ma si mantengono sulle tracce del divino, anche se di Dio, oggi più che mai, si avverte la mancanza. Proprio quando si giunge “in fondo all’abisso” può avvenire “la svolta”. E ai poeti è dato di compierla affinché, attraverso questi ‘cristi’, tutto sia compiuto, “la notte del mondo sia la notte sacra” e si avveri la promessa della resurrezione: la residenza permanente nel cuore della Poesia, alias Bellezza. Il cammino dell’uomo è una ricerca poetica, che ha come meta l’origine, la rivelazione dell’essere in quanto bellezza. “La bellezza salverà il mondo”. Questa frase che Dostoevskij fa pronunciare al principe Miškin nel romanzo L’idiota, ha acquisito nel tempo una fama imperitura nonostante che la salvezza, affermata con tanta certezza, sia stata sempre differita e rimasta ancora oggi irrealizzata. C’è poesia e c’è fascino in questo concetto di bellezza, che esprime una visione del mondo. Alla poesia e al suo legame con la bellezza la frase deve tanta ‘longevità’. Per Stendhal, la bellezza è una promessa di felicità. E lo è anche per Miškin che le riconosce un potere di redenzione, in quanto fonte inesauribile di verità e bontà. Sono questi valori che giustificano la ‘durata’ della bellezza e la sua ‘possibilità’ in tempi di barbarie, come questo nostro tempo efferatamente povero. Essa è una forza morale e spirituale; è la scintilla mai spenta di una umanità smarrita, malata, che lotta per la sopravvivenza, e che può illuminare la ragione, rinvigorirla conferendole un senso estetico e fondare un nuovo illuminismo. Questa scintilla che accende fortemente la speranza nel cambiamento, nella svolta; che ridà la fiducia nell’arte, nella poesia, necessaria per costruire un futuro migliore, esige la riformulazione della controdomanda: “non più Perché il tempo della povertà nonostante i poeti? ma Come obliterare il tempo della povertà grazie ai poeti?”. E qui torna, come un’eco, la domanda di Hölderlin: Perché i poeti nel tempo della povertà? La presenza permanente della bellezza, la sua durata chiama a raccolta i poeti, impone che essi non restino inascoltati, affinché la loro ‘ricchezza’, la bellezza che li custodisce e di cui sono custodi spazzi via il tempo della barbarie e inizi oggi una nuova storia, dove sia inscritto il tempo del sogno: un cosmico sentire, il desiderio sconfinato di un grandioso avvenire, di una vita oltreumana nella dimora del canto, o della Bellezza. Dove c’è barbarie, dove c’è del marcio, c'è posto per la bellezza che suscita meraviglia e richiede nuovi occhi. Se un filo d'erba, se la natura, se tutto il creato non suscita in tutti il medesimo sentimento, il godimento infinito fino all'estasi sublime, allora bisogna dubitare degli occhi e credere col piccolo principe che «non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi». Dunque, il vedere non è necessariamente congiunto col sentire. La Bellezza relativa alla creazione divina è oggettiva e aperta alla vista di tutti, ma non tutti ne avvertono l'essenzialità. Deve prima nascere la visione nel cuore perché se ne possa godere attraverso gli occhi! Bisogna avere dentro di sé il senso della Bellezza affinché questa si possa contemplare nella natura o in un capolavoro dell'arte. È dei suoi amanti l'amorosa vista. Occhi e cuore in loro si corrispondono. Essi sono chiamati nell'intimità più segreta a vibrare con l'universo, e il loro canto, qualunque sia il mezzo con cui si esprimono, è l'eco dell'infinito. Il cuore deve riconoscere la sorgente perché gli occhi vedano lo splendore e la nuova alba sorga. È più facile abbandonarsi alla vanità, all'odio, alla violenza che cambiare il modo di stare al mondo. Eppure è così bello sognare, vivere nella certezza di essere umani e dimenticarsi di tutto, della storia, del passato, per camminare col passo lieve dei poeti sulle orme degli dei, per abitare il mondo come il proprio essere. Bisogna porre fine, oggi, al tempo della povertà riscoprendo nella Bellezza il valore autentico, l'espressione e la forma più alta di umanità, la luce con la quale imparare a riflettere, il cammino, la meta, la dimora, l'incanto dell'anima e dell'universo, il tempo della ricchezza, della poesia, della resurrezione