Domenico Pisana, “Nella trafitta delle antinomie” (Ed. Helicon) - di Giovanni Teresi

La verità è antinomica e non può non essere tale”, scrive Florenskij nello straordinario capitolo della “Colonna” dedicato alla contraddizione dove convengono Eraclito, Platone, Cusano, Fichte, Schelling, Hegel.
La verità, è solo un polo della verità integrale, per attingere la quale occorre il coraggio di muoversi andando dalla propria prospettiva verso il suo contrario. Conservando la propria verità, e insieme comprendendone il contrario, si entra nell’ antinomia.
“Nella trafitta delle antinomie” di Domenico Pisana i versi della prima sezione, Tettonica della contraddizione, ci offrono una meditazione costante ed inquieta, il sogno di una rinnovata  ονομαθησία, la necessità dell’ascolto di parole concrete in contrapposizione alla contemporaneità intrisa da concetti retorici che spesso sono privi di significato e possibilità di raggiungere l’altro.
I versi di Nella trafitta delle antinomie ci danno spesso esempi di contrapposizioni ossimori:
Senza amore, senza forza
di speranza – ma vedi come il sogno
lentamente si dilegua nel tramonto –
a volte ti innalzi illuminata
dalla fede, a volti ripiombi nell’abisso.
Parli la Lingua dell’Eden che ti fu data;
esisti, come sia lo chiedo ancora
al cielo, a questo tempo in cui
le lingue incespicano
su simboli sbagliati
aumentando l’infelicità del mondo …   (da Le lingue incespicano)
 
Una grande poetessa, Marina Cvetaeva, riguardo la poesia, ha detto una cosa decisiva :
 «la poesia è qualcosa, o qualcuno, che dentro di noi vuole disperatamente essere».
C'è il bisogno di esprimersi, ma questo presuppone un essere. Qual è quell'essere che vuole esprimersi? Non è il nostro “io” consapevole? Freud diceva che l'io è un incidente, che è l'accumularsi abituale di un punto di riferimento dentro di noi. L’opera del Nostro è testimonianza di fede nella parola, sostenuta dalla sua fede. Di fronte alle avversità della vita, all’odio, al razzismo, alle guerre si alza l’urlo del poeta che ricorda lo “scandalo” della croce, la necessaria solidarietà verso i fratelli e le sorelle:
 
“Porto nel cuore l’urlo della croce, storie di deserto,
 di amori negati da fili spinati al confine, cambi annunciati
 nei palazzi ove si balla la danza del gattopardo,
 il filo di seta che mi lega al bagaglio preparato per il viaggio
 dove il sonno avvolgerà il mio corpo ed un angelo
 scriverà un giorno le memorie di ideali sognati /
sotto le stelle”.      (da Fili spinati)
 
La poesia è quel moto che nasce dal nostro essere. I grandi poeti, che hanno anche scritto e riflettuto sulla poesia, dicono tutti una cosa: “fondamentale è lo stupore che il poeta prova di fronte alla propria espressione. Quando il poeta crea esprime tutto il suo essere inconscio”.
Nella trafitta delle antinomie, con sensibilità ed equilibrio, con accenti toccanti che inducono il lettore ad interrogarsi senza mai cedere alla rassegnazione o allo sconforto, Domenico Pisana mette in risalto la contrapposizione della razionalità differente della letteratura, la lettura dei classici, ovvero la sua parola investita d’affetto: “Ha il sapore di miele la Parola increata
/ Omero, Virgilio, Euripide ed Archicolo, / negli scaffali dorme l’umanesimo…” (da C’è il libro diletta compagna …) .
 
A volte il moto di indignazione del poeta ci scuote, ci fa concepire il sospetto che questo mondo possa essere diverso, che l’umanità e la pietà siano ancora possibili:
 
La vostra voce sia quella di Aracne, urlo
di passione che non soccombe alla paura;
opponetevi a chi vuol tagliarvi la lingua
e come Filemone, ridotta al silenzio,
provate a tessere l’abito delle verità
nascoste perché qualcuno vi sottragga
al rischio della morte
all’ombra della mano omicida.          (da Cuori negati alla vita)
 
Inoltre, la raccolta di versi di Pisana riserva una sorpresa, una successione di ritratti in versi di poeti ed artisti e in una citazione tratta da Ovidio, ci ammonisce contro la perdita di memoria e le umane ingenerosità: «Finché sarai illeso, potrai contare numerosi amici, ma se il tempo si abbuia, allora sarai solo».
Tra i due nomoi dell’ antinomia (negativo, positivo), pur sapendo bene che la vita non è affatto una festa, ma ci sono molte cose mostruose, malvagie, tristi e sporche,  il Nostro non cede mai alla rassegnazione o al cinismo; al contrario insegna alle generazioni future che rendendosi conto di tutto questo, bisogna avere dinnanzi allo sguardo interiore l’armonia e cercare di realizzarla. 
In realtà questa celebrazione della vita aldilà del concetto è il trionfo dell’ anima e che traspare da molti versi carichi di poesia:
E qui sulla collina, pioggia battente
segna l’ansia della sera:
rinasce in quel segno la terra
ancora calda di sole nell’attesa
degli aratri pronti a tracciare i solchi
che ci svelano il dono della morte
per far crescere il grano della vita.   (da Il gallo canta tre volte)
 
Intersecando la sua voce con quella di altri poeti, evocando le immagini di un grande pittore, Pietro Guccione, Pisana ci riconduce a ciò che è realmente umano, all’irrinunciabile valore tetico della parola e dell’immagine, contro l’odierno universo di barbarie:
Hablamos, ritorniamo a parlare la lingua del Dio
vero, a respirare le voci dell’aria con gli occhi
illuminati dall’amore, fermare le falci che vogliono
tagliare le radici antiche del pioppo.
Comincia tu, terra madrilena che temi la scissione,
Europa che parli d’unione stringendo la bocca;
prosegui tu, mia Italia, terra di poeti e romanzieri,
di artisti, musicisti e bellezze maestose, che soffri
di rancori distesa come un manto di menzogne
sopra il mare inquinato dall’olio di antiche ideologie …  (da Hablamos!)
 
Nell’opera poetica il Nostro si presenta come un grande innovatore costantemente impegnato a scoprire i valori della tradizione letteraria. Egli vede la poesia come espressione di una sfera spirituale superiore anche alla crisi dell’uomo. L’intensità è un sentimento religioso, la fede porta ad affrontare il dolore:
Se fossi angelo
cambierei il vostro cuore di cemento
in cuore di carne, acqua d’amore
sugli occhi bruciati dal fuoco e accecati
dall’odio bagnato di vendetta
 
Vedo le lacrime di Dio nell’oscurità del giardino,
il suo pianto che irrompe nel silenzio d’angelici uomini,
il dolore del padre su cui sbattono
occhi livorosi e pietre di violenza.
Cerco la torcia per rimanere umano, non voglio che Dio
si dimetta per sottrazione di luce. Rinuncio all’albero
del giardino ove gli angeli mi tentano a diventare dio. (da Le lacrime di Dio)
 
L’armonia non può venire dal mondo, dove regna l’antinomia, ma da una dimensione più profonda: 
“Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso sull’ animo, guardate le stelle o l’ azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, quando qualcosa non vi riuscirà, quando la tempesta si scatenerà nel vostro animo, uscite all’ aria aperta e intrattenetevi, da soli, col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete”. (Florenskij)
 
Allora: «Nessuno è al di sopra di ogni sospetto», la citazione dello scrittore Sciascia, posta come motto al testo, c’induce ad una disposizione critica verso la realtà che ci circonda, che Domenico Pisana  riferisce con dolcezza alla neonata nipotina Emma, «distesa di sogni sui sentieri della mia tarda età», e ci porta a sperare:
 
E questa notte intensa di memorie
è tuttora nostra, e qui respiro in te
l’ansia di guardarti nella verde età
tra le luci della vita, la felice visione di chi
t’ha generata nell’amore riflesso di Dio.
 
 
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