“ARES -MARTE” IL DIO DELLA SELVAGGIA GUERRA – ADATTAMENTO MITOLOGICO DI GIOVANNI TERESI
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- Category: Scritture
- Creato: 07 Luglio 2019
- Scritto da Giovanni Teresi
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Ares – Marte
Là dove più aspra ferveva la mischia e più copioso dalle ferite sgorgava il sangue e più feroce si elevava l’urlo dei combattenti e i morti si sommavano ai morti, là era Ares, il figlio di Zeus ed Era, il terribile dio della sconsiderata strage.
Armato di spada o lancia, con uno scudo meraviglioso e con un elmo dai bagliori rosseggianti, egli, sopra un cocchio tirato da velocissimi cavalli, percorreva il campo di battaglia, tra le schiere più folte, percotendo ed infrangendo gli scudi ai combattenti. E dietro a lui, con pari furore, venivano la Discordia, il Terrore e le Keres, amanti delle zuffe cruente, felici nel succhiare avidamente il sangue dei combattenti caduti, ebbri nel dilaniare le membra ai morti.
Ares fu sempre rissoso, sempre pronto a suscitare guerre tra i popoli: incurante di vinti e di vincitori, non parteggiava per alcuno, fu avido solo di ferite e di sangue.
Per questo suo temperamento, per questa smània di lotta fu in contrasto con gli altri Numi, con Pallade, soprattutto. Si narra che durante una accanita battaglia, sotto le mura di Troia, Pallade, di proposito, affrontò il fratello.
Ed ecco un urlo tremendo salì all’Olimpo, assordando i combattenti: Pallade, dea della guerra sacra in difesa della patria, aveva ferito Ares.
Ed Ares chiamò il padre e lamentò il gesto della sorella. Zeus, con calma e tranquillità d’un dio, quale era, gli rispose:
“Ben ti stia! Sei tua creare le zuffe, ben ti stia!”
Me il cuore di padre ebbe il sopravvento. E Zeus chiamò il medico degli immortali, il buon Peone, per curare la ferita al figlio.
Nei momenti di pace,quando il suo volto si componeva in un pensoso abbandono e i suoi occhi si raddolcivano, allora il suo corpo di gagliardo atleta lo rendeva bello tra i più bei Numi.
Ma gli abitanti dell’Olimpo, però, non dimenticavano l’Ares crudele e sanguinario e lo evitavano.
Tra gli Immortali una sola gli fu amica, la più bella delle dee, Afrodite, e tra i mortali Rea Silvia, dalla quale nacquero Romolo e Remo.
Giovanni Teresi