“Seduzioni di bambole d’amore” di Vitaldo Conte

 
«Una buona bambola è dotata di anima»
(Marionette Owl)
 
1. La bambola può esprimere per un avventuriero l’estrema conquista da raggiungere, incarnando una “presenza” irraggiungibile senza tempo. Ritrovo questa atmosfera nello struggente ballo “finale” del Casanova di Fellini, in cui il vecchio avventuriero veneziano si abbandona alla dolcezza di una danza con una bambola meccanica (che aveva già incontrato, in passato, nella sua ricerca dell’estrema seduzione). Risulta una strana malia, inebriante, anche per gli occhi di Roland Barthes che ricorda: «la snellezza, l’esilità della silhouette, come se non ci fosse che un po’ di corpo sotto il vestito appiattito; i guanti consunti di seta bianca; (…) quel volto imbellettato e tuttavia personale, innocente: un che di disperatamente inerte e tuttavia di disponibile, di offerto, di amante, come di impulso angelico di “buona volontà”».
L’attrazione per la bambola meccanica è presente, sempre di più, nel fantastico desiderante di diverse narrazioni. Non a caso Il futurologo e politico inglese Ian Pearson ipotizza che entro il 2050 gli esseri umani avranno più rapporti sessuali con i robot che tra di loro.
 
2. Come racconta Marina Bychkova: «Le bambole devono avere un significato, senza una storia alle spalle restano solo dei giocattoli». Questa designer esprime il concetto attraverso le sue preziose e accurate Bambole incantate di porcellana, tatuandone talvolta il corpo. Diventano opere d’arte per denunciare le molteplici sofferenze della donna nella realtà quotidiana. Queste bambole, pervase da una dolce malinconia, hanno come caratteristica quella di non sorridere. Possono diventare così presenze di inquietante seduzione.
 
3. Ritrovo, in un diario, il biglietto scritto da Blanche, mia antica amante segreta.
«Nella stanza bianca la tua dolce bambola di carne, come tu mi hai creato, si sente di appartenere all’alchimia del tuo sguardo. Mi fa ansimare in uno spazio indefinito oltre il tempo. Mi fa riconoscere verità senza parole che da sempre mi appartengono. Il tuo sguardo nell’ombra mi guarda, mi cerca, mi fruga negli occhi e nei pori della pelle. Mi circuisce… La tua bambola di carne vuole divenire la voluttuosa maga che palpita nel tuo e mio occhio per trasmutarci quando lo desideriamo...».
Ricordo che un giorno Blanche mi sussurrò: «Vorrei essere la tua rosa rossa incarnata in una bambola d’amore».
La rosa rossa è un immaginario per le creazioni del desiderio. Può vivere anche attraverso una bambola abbandonata con memorie d’amore. Questa può diventare un seduttivo oggetto/soggetto di narrazione d’arte. Come la protagonista del mio evento ‘La bambola della rosa rossa’ (Atelier Montez, Roma 2018).
 
4. Nota lo scrittore Ugo Magnanti: «Se la donna e la carta hanno qualcosa in comune, come dice Vitaldo Conte, perché possono essere delle superfici “bianche” con una profondità di accoglimento e procreazione continua, che racchiude “dentro di sé” il segreto di ogni possibile espressione e turbamento, anche la plastica rosea, il ‘provocante’ tegumento della bambola, può essere un terzo elemento partecipe di questa comunanza, per la sua natura simbolica, che esercita segretamente la funzione e il senso di ciò che è simboleggiato. Anche il corpo di una bambola dunque, come il corpo di una donna, può essere scritto (…).
E l’aspetto più interessante della bambola ‘artistica’, così come della scrittura sul corpo, appartiene forse proprio al suo sfuggente sconfinare fra la purezza e l’osceno, fra il desiderio e l’anomalia, fra la mercificazione e l’apologia della donna, fra la dissidenza culturale e la condivisione inconsapevole del mito della geisha».
 
5. Ho scritto infatti desiderio sulla mia bambola d’amore, incarnando il corpo di una inquietante seduzione. L’ho presentata in un concept d’arte “vissuto” nel sensual nero di un evento, ideato con Lucio Fabale, sulle ‘Bambole Seduzioni queer’ (Mondrian Suite, Roma 2018). Era accompagnata dalla presenza delle “maschere dannate” di donne di arte-vita. Esprimevano insieme il corpo multiplo di una creazione dell’eros: oltre la morale, oltre il genere di sesso e il corpo stesso. Lei diventava così la mia bambola di estremo amore.
 
6. Dall'Oltre... una bambola d'amore è la testimonianza a proposito del critico d’arte Giovanna Cavarretta: «Nella sua essenza poetica, la bambola d'amore trasuda una potenza erotica che rimanda ad universi surreali, dimensioni di una sessualità ancorata ad ancestrali forze. La pelle in apparenza nuda si veste di simboli magici, rigorosamente di colore rosso: un nastro tra i capelli, un filo legato all'esile caviglia e parole che ne adornano l'addome, segni rappresentativi di estremi ed intensi atti d'amore. Il suo corpo è un tempio, pronto ad accogliere antichi rituali sospesi in un tempo fuori dal tempo, dimora tra cielo e terra, sogno e realtà. La veste rossa incarna il sentiero, già tracciato dal desiderio di un eros travalicante i confini profani, per approdare nelle lande celestiali dell'amore divino. Così dall'Oltre... la bambola incarna le dee presenti nell'Anima femminile, divenendo scrigno di un sapere antico e misterioso. E nella fragilità di uno sguardo o nella bellezza disincantata di un fiore d'acciaio svela le fitte trame di un alchemico misticismo erotico».
 
7. La bambola per il saggista Dalmazio Frau «È l’antico sogno, il mito di Pigmalione, dipinto anche in un ciclo pittorico da Edward Burne Jones, a dirci quanto sia antica l’idea del creare magicamente la donna da parte dell’uomo, ovvero del ri-crearla dalla bambola, materia inanimata che diventa vivente. Lo scultore Pigmalione s’innamora infatti di una statua femminile da lui scolpita nell’avorio alla quale dà vita la stessa dea Afrodite in seguito alle sue suppliche, e che così prenderà il nome di Galatea. È la leggenda dell’automa, non più androide ma ginoide, è la ballerina meccanica che prende vita e danza per il soldatino di piombo, che si riverbera nel tempo sino alla contemporaneità cinematografica di Blade Runner con i replicanti Nexus 6 e poi 8, modelli creati appositamente per il piacere, indistinguibili dagli esseri umani come Pris, Zhora e la stessa Rachel.
La “bambola” viene così creata per procedimento alchemico, in vitro come sarebbe stato l’homunculus paracelsiano, ma in grandezza naturale e soltanto per un uso erotico, corporeo, animato ma non animale, sino a una forma di hybris che vorrebbe poterle dare un’anima. Un compito arduo e luciferino che spetta all’artista-mago del Rinascimento, ad una visione che risale a Dedalo come costruttore di simulacri e che discende verso il Medio Evo, con Virgilio ierofante e lo stesso Alberto Magno. Bambole usate per operazioni magiche, troppo spesso legate alla magia rossa o a terribili stregonerie, duplicati in miniatura della donna umana, più simili alla mandragora che a un gioco per bambine, di volta in volta amanti e figlie, creature e giochi per ogni tempo ed ogni età».
 
8. La bambola, essendo immune dai segni del tempo, può incarnare dunque una seduzione ultima che ricerca l’innocenza di un gioco d’amore che si trasmuta: «Una bambina gioca tanto con la bambola, che questa alla fine si trasforma in amante: tutta la vita della donna non che amore» (Soren Kierkegaard).
 
 
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