“Il ruolo dei Cappellani militari nel corso della storia” di Maria Santa Distefano

Accademia Navale di Livorno, 1881. Don Jacopo Giannetti, Cappellano dell’Istituto
Accademia Navale di Livorno, 1881. Don Jacopo Giannetti, Cappellano dell’Istituto
La presenza dei religiosi presso gli eserciti è sempre stata richiesta per dare assistenza spirituale, un esercizio della propria missione di testimoni di Cristo, sempre presenti nella formazione delle truppe nelle scuole militari e spesso anche in eventi bellici dove, in circostanze drammatiche, l’uomo ha sempre sentito il bisogno di appoggiarsi a tutte quelle energie possibili in grado di sostenerlo nel duro avvenimento di morte o di salvezza, ricevendo in particolare da queste figure un supporto spirituale di conforto e sostegno, talvolta nell’ultimo respiro di vita.
La storia militare ha sempre segnalato la presenza religiosa presso le milizie sin dai tempi degli Estruschi, i cui eventi venivano seguiti dalla magistratura sacerdotale guerriera dei Lucumoni, importanti personaggi della gerarchia sociale Etrusca, che rivestivano funzioni di natura religiosa, oltre a quella giuridica, politica e militare nei loro popoli.
In seguito, presso i Romani tale carica venne recepita negli ordinamenti civili e militari, difatti nel I secolo d.C.  l’imperatore Augusto unì alla carica di Capo supremo dell’esercito anche quella di Pontefice massimo; successivamente l’imperatore Costantino, dopo aver ufficializzato nel 313 d.C. il Cristianesimo quale religione dell’Impero, volle in ogni legione dell’esercito romano la presenza dei sacerdoti e una tenda per esercitare le funzioni religiose.
Da allora, l’impegno militare e la fede religiosa sarebbero stati per lunghi secoli strettamente uniti.
Il periodo storico di maggiore conferma della presenza religiosa presso gli eserciti si ebbe nel Medioevo, con la nascita di ordini monacali e di cavalierato, fondati nel periodo delle Crociate, così denominate proprio per le croci apposte sugli scudi dei cavalieri, i cui aderenti giuravano voto di castità, obbedienza, povertà personale oltre all’impegno di lottare contro i nemici della fede cristiana, alcuni di questi dipendendo direttamente dal pontefice.
 In tal modo, gli uomini di Dio si avviarono alla presa d’armi, oltre all’assistenza ospedaliera e alla difesa dei pellegrini nella città di Gerusalemme, istituendo vari Ordini quali i Cavalieri di Malta, i Templari, i Teutonici, che hanno sacralizzato la croce cristiana e le spade.
Nel periodo moderno, a seguito di ingerenze politico-religiose, si è evidenziato un graduale distacco tra la sfera religiosa e quella politica, con precisi confini assegnati all’uno e all’altro, sperimentando una nuova fase di laicismo. In questo contesto, l’assistenza religiosa agli uomini in armi e la presenza dei sacerdoti tra i soldati assunse una configurazione variegata, a seconda delle circostanze storiche e dei Paesi in cui i sacerdoti operavano.
Il processo storico travagliato dell’Italia nel 1800 vide una massiccia presenza pastorale nell’esercito; già nel 1859 ben 40 Cappellani di reggimento di Fortezza e delle Accademie e Scuole militari erano presenti nell’esercito piemontese e venivano designati “Direttori di spirito”.
L’assistenza spirituale alle Forze Armate veniva fornito anche negli altri Stati dell’Italia, ma con l’annessione della maggior parte dei territori al regno dei Savoia, il clero castrense venne definitivamente incorporato ed amalgamato con quello piemontese.
Fino al 1865 il clero militare del Regno contava 189 Cappellani, ma dopo un’attenta valutazione di carattere economico da parte del bilancio dello Stato, la loro presenza presso i reggimenti di Fanteria, di Cavalleria e di tutte le altre unità di terra, venne via via ridotto fino alla totale eliminazione nel 1878, anno in cui venne difatti adottato il provvedimento di abolizione del ruolo.
Inoltre, da quell’anno vennero chiamati all’obbligo del servizio militare, vietandone l’esercizio dell’attività di ministero presso i reparti cui erano giunti ed impedendo, in tal modo alle truppe di fruire, nonostante la loro presenza, di qualsiasi forma di assistenza religiosa.
Un caso a parte riguarda il Corpo della Marina che nell’art. 22 della legge 8 dicembre 1878 decretò che al servizio religioso avrebbe provveduto il Ministro della Marina, a seconda dei bisogni, evitando il taglio netto all’offerta spirituale ai suoi uomini. Inoltre, nell’ Ordinamento dell’Accademia Navale del 4 agosto 1881, si specificava il ruolo del Cappellano nella composizione del personale insegnante, facente parte del sistema educativo dell’Accademia, durante il corso ordinario, impartendo agli allievi un’istruzione religiosa e la frequenza al culto.
Nonostante tali provvedimenti i Cappellani militari continuarono la loro opera, essendo richiamati dai vari Comandi delle Forze Armate, dove non era ufficialmente prevista alcuna forma di assistenza permanente obbligatoria e soprattutto remunerata.
Gli unici religiosi rimasti a pieno titolo furono soltanto i Cappellani degli Ospedali, con l’incarico del servizio religioso; si era in tal modo consolidato il ruolo ausiliario militare religioso in collaborazione univoca con il Corpo Sanitario, da cui dipendeva, utilizzando gli stessi fregi e distintivi come il bracciale con la croce rossa. Le mansioni da loro fornite riguardavano: la celebrazione della Messa festiva, l’amministrazione dei Sacramenti e l’assistenza agli infermi, assumendo anche funzioni di ufficiali di stato civile.
L’atteggiamento di avversione da parte dello Stato Italiano nei confronti della presenza dei Cappellani militari nelle Forze Armate venne via via modificandosi fino a raggiungere l’anno 1915, con la nuova legge sulla mobilitazione che riportava ai soldati la cura spirituale, affidata a sacerdoti qualificati.
L’apertura dello Stato, fin allora esplicitamente laico, nei confronti della Chiesa viene ufficializzata con la circolare del 12 aprile 1915, influenzata anche da alcuni elementi decisivi quali: la presenza ai vertici del generale Cadorna, del Ministero della Guerra, un fervente cattolico legato da amicizia con ecclesiastici; il bisogno espresso da parte dei soldati di avere un conforto religioso nella chiamata alle armi; la convinzione che la presenza dei Cappellani militari tra le truppe potesse essere un elemento di equilibrio, non solo per i malati e i moribondi, ma anche per i combattenti al fronte.
Vari travagli ideologici e circostanziali videro nel 1922 nuovamente la soppressione del servizio spirituale nell’Esercito, tranne per la raccolta delle salme dei caduti di guerra, la sistemazione presso sacrari militari, c la presenza di pochi cappellani solo nel Corpo della Marina.
Dopo pochi anni, l’11 marzo 1926, si arriva all’approvazione da parte dello Stato Italiano dell’istituzione  della Curia Castrense  - l’O.M.I.- Ordinariato Militare Italiano, già avvenuta il 6 marzo 1915 da parte della Sacra Congregazione Concistoriale, il cui primo Vescovo Castrense fu S.E. Mons. Angelo Bartolomasi; giuridicamente si tratta di una circoscrizione della Chiesa, assimilata ad una diocesi ed equiparata ad un Ufficio dello Stato, presieduto da un Vescovo Castrense, con un contingente permanente di cappellani.
 Si pose fine in tal modo a incomprensioni, conflitti di competenze e di diffidenza durati nel corso dei secoli tra Stato e Chiesa, ulteriormente chiarito con i Patti Lateranensi del 1929. Soltanto nel 21 aprile del 1986 lo statuto canonico dell’O.M.I. viene disciplinato dalla costituzione apostolica “Spirituali militum curae”, per essere infine approvato il 6 agosto 1987 dal Vaticano.
Lo Stato Italiano ha così definitamente legiferato sul ruolo della Chiesa in ambito militare, dandone la possibilità di offrire disponibilità, sacrificio e servizio assistenziale e religioso su tutti i componenti delle Forze Armate Italiane, sul personale civile in servizio ed i familiari conviventi.
Nel 1998 è stata istituita una scuola per Allievi Cappellani, sita nella cittadina militare della Cecchignola in Roma, dove i sacerdoti vengono preparati all’acquisizione di conoscenze relative all’organizzazione militare, da un punto di vista teorico che pratico; sono equiparati per grado e remunerazione agli Ufficiali delle Forze Armate.
Oggi l’assistenza spirituale è affidata a circa 200 Cappellani Cattolici, arruolati nelle Forze Armate e guidati dall’Arcivescovo Ordinario Militare S.E. Santo Marcianò, nominato in accordo tra Santa Sede e il Governo, che esercita la giurisdizione su tutti i militari d’Italia e viene assistito da un vicario generale e da due ispettori, la cui sede si trova a Roma presso la Chiesa principale di Santa Caterina da Siena a Magnanapoli.
Il servizio odierno del Cappellano ha il compito di seguire i soldati, adattarsi alle loro condizioni e partecipare alle loro missioni in territorio nazionale e internazionale, contribuendo attivamente al mantenimento di un clima sereno e solidale; sempre pronto ad alimentare lo spirito di corpo, a condividere i disagi, ad essere solidale, ad animare i momenti di fraternità e di comunione, celebrando le ricorrenze e le funzioni religiose.
Il processo storico, attraverso il quale si è giunti all’organizzazione odierna e al ruolo svolto dalla presenza pastorale in atto nelle Forze Armate, costituisce uno dei più grandi sforzi che il clero abbia compiuto, intessuto di sacrificio, spirito religioso e disponibilità verso i fratelli in armi, nella loro continua tensione verso la difesa della pace.
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