"PATRIZIA PRADO, PALAZZO JUNG" di Anna Maria Esposito

La mostra di Patrizia Prado si è svolta a Palazzo Jung proprio nella settimana nella quale è caduta la ricorrenza dell’8 marzo, che questo breve articolo vuole concorrere ad onorare.

Conosco Patrizia Prado da poco tempo e avevo visto poche sue opere.

Da questa limitata esperienza non avevo potuto comprendere la sua personalità; a questo ho rimediato visitando quest’esposizione che mi permette di approfondire la sua qualità artistica.

La visita a questa personale è un’esperienza sorprendente della quale c’è molto da dire. La sorpresa è piacevole. La personalità che la Prof.ssa Prado rivela è una personalità ricca.

 Anzi, esplosiva; una donna che è incontenibile, luminosa, complessa.

La visita a quest’esposizione mi ha dato la sensazione di un viaggio.

Viaggio che inizia con un bellissimo lavoro a tecnica mista: collage, smalti ed acrilico. Un'opera nel quale predomina il tono celeste, drammatizzato da piccoli tocchi di giallo e rosso.

La mostra prosegue con molte opere nelle quali si affastellano una miriade di segni, una babele di tecniche e materiali; ma anzi no, non è babele, perché uno sguardo esperto vi riconosce l’alfabeto della padronanza pittorica.

Le dominanti sono: la compresenza, nell’unico spazio, dei colori  primari; la sapiente contrapposizione, che satura, dei colori secondari, essi chiariti o ispessiti dal nero, usati senza timore (ed è un discorso a parte questo del nero: un colore verso il quale i pittori nutrono paura e che maneggiano come se fosse veleno).

L’altra costante è la gioia.

Gioia di vivere, gioia di amare, gioia di esserci, gioia di essere creatrice.

E l’apparente disordine di questa mostra affollata e sontuosa si riconcilia nella personalità forte di questa donna esperta pittrice.

Il suo racconto? Lei ci dice che la vita è piena, piena di emozioni, piena di cose da fare, piena di consigli da dare, piena di letture e racconti del mondo.

Patrizia ci dice che non dobbiamo dimenticare, e che ognuno di noi ha qualcosa da dire.

Un aspetto della mostra riguarda la denuncia della violenza sulla donna.

La violenza fisica e psicologica, in due installazioni: in un’istallazione un manichino è come forato con pennellate di rosso; l’altra istallazione raffigura invece la violenza psicologica che è altrettanto dolorosa ed infame, ed è basata sulla freddezza dei toni dell’azzurro.

Ha tanto da dire, Patrizia: dunque ascoltiamo la voce fantasmagorica della sua pittura.

Ma il contenuto nascosto, profondo, ci rivela l’animo delicato della donna.

Aspetto che ci si rivela, e si riconosce, soltanto se attendiamo, e rimaniamo, quieti, ad udire la voce silenziosa che si leva dalla folla di segni emozionanti.

 

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