“Il lavoro di Giorgio Puleo: mistero in corso” di Anna Maria Esposito

 

Conosco Giorgio da un po' di tempo ormai. Ho presto pensato di scrivere qualcosa su lui, ma ho dovuto rimandare mentre ero in attesa di conoscere il suo laboratorio.

Entrare nel laboratorio di un artista è entrare nella sua visione artistica. Una cosa che mi piace moltissimo, curiosa dell’originalità di ognuno. Per svariate ragioni, molte conosciute da tutti, non ho potuto soddisfare questa esigenza.

Ma ad un certo momento sento la necessità di raccontare e non posso più rimandare.

Davanti gli occhi della mente le immagini saltellano e non riesco a liberarmene.

Del resto, si sa che l’arte è tiranna e ossessiona chi viene da lei attratta nel suo cerchio magico.

Le immagini create da Giorgio sono come sciabolate, oppure sono come qualcuno insistente che ti tira per il maglione e così la frizione della stoffa sul corpo ti infastidisce e desideri soltanto fermarla.

Sono costretta a raccontare ciò che sento e ciò che le opere vogliono dirmi: il discorso intimo che intercorre soltanto fra loro e me. Questi racconti hanno urgenza di mostrarsi e dire. Cerco di mettere a fuoco gli eventi e leggerne il senso.

Ogni scena è un racconto da esplicitare. E l’artista non può farlo: lui è padre di adolescenti ribelli, questo sono le opere bambine quando nascono. Lui le partorisce ma non le conosce. Per l'artista i lavori sono imbronciati e muti; essi, quando vengono esposti, sono come quelle statue di dee che non sai se stanno poggiando oppure prendendo i vestiti: resta il fatto che sono nude, esposte al nostro sguardo indagatore curioso.

Così le vedo: vergognose e pudiche, da leggere ed esplicitare per farle dignitose, per trasformarle in eventi.

La descrizione del critico le consegna al tempo che scorre. Senza questo intervento che le “legge” esse restano violentemente mute, avvolte nella Babele dei discorsi possibili.

Al primo impatto visivo le immagini di Giorgio meravigliano per l'originalità.

Un’originalità al contempo pacata e graffiante. Rappresentazioni. Qualcosa accade sulla tela.

Personaggi misteriosi appaiono velatamente, impegnati nelle più improbabili e svariate attività. Sono come alberi nel bosco: singoli ed originali, eppure tutti uguali ed indistinguibili. Dopo breve osservazione si acquisisce il suo linguaggio visivo; inizia dunque il piacere della lettura.

E si cerca, all'interno delle intrico delle linee e delle forme, Il gusto che dà questa visione.

Colori accostati con gusto e sapienza, forme in equilibrio, accostamenti arditi e originali e sorprendenti.

Inutile, ovviamente, cercare forme assimilabili alle forme del mondo naturale: la lettura sarebbe limitante, inesorabilmente errata.

Alle visioni di Puleo bisogna accostarsi con mente sgombra e sguardo limpido: così si dispiegherà davanti a noi la pletora delle possibilità. Sempre sostengo che non è l'artista che possiede l'arte ma è vero il contrario. E per questo si scoprono, nei luoghi più impensati, artisti e visioni d'arte. L'arte si nutre del non detto, dell'indeterminato. Valica noncurante confini, età, cultura personale e culture. È un “quid” che gira, come una linfa solo umana, nostro privilegio.

La cifra dei lavori di quest’artista consiste in striature contenute e tagli impudenti: tagli che discostano la tenda di un mondo “oltre”.

È questa rappresentazione che mi affascina: vicende misteriose, un affaccendarsi di alieni nascosti nell’umano, e colori preziosi, come riscoperti, con accostamenti soltanto di questo artista, che costituiscono la sua firma e la sua originalità. Artisti si nascondono ovunque: questo giovane continui a cercare e ad avvincerci.

Ogni volta che sorge un racconto artistico nuovo speriamo che questo percorso sia lungo ed arrivi ad esplicitare ogni sua possibilità. E questo mi attendo da Giorgio: ovvero che segua ancora, come adesso, con curiosità e passione, il suo discorso nuovo, stridulo ma sottovoce, mitico ma di una mitologia aliena, raccontata con parole ancora incomprensibili e nuove, come sa fare ogni artista che è posseduto dall’Arte, tiranna e libertina.

 

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