"Gianni Provenzano" di Anna Maria Esposito
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- Category: Arte e spettacolo
- Creato: 01 Dicembre 2025
- Scritto da Redazione Culturelite
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Provenzano,
Istante Eterno.
Visitare la personale di Gianni Provenzano significa entrare nel magico spazio costruito con fermezza da un autore di forte personalità pittorica.
Nello specifico, la poetica del nostro autore consiste nel recuperare, con la pittura, la lettura del mondo attraverso il sentimento potente della meraviglia.
Provenzano – artista agrigentino attivo da decenni, riconosciuto per una perizia tecnica che si accompagna a una rara qualità percettiva – costruisce il percorso espositivo che è al tempo stesso dichiarazione poetica e riflessione sul corpo, sul paesaggio, sugli oggetti quotidiani, ma soprattutto sulla presenza dell’uomo nel suo tempo.
Ad inizio dell’esposizione una grande tela accoglie il visitatore con la forza immediata della sua materia. Due giovani corpi giacciono l’uno sull’altro nella monumentalità della carne, in una posa semplice eppure architettonica, come se la carne stessa fosse colonna e architrave.
Sono i figli dell’artista, modelli scelti non per un intento narrativo, ma per restituire – ancora una volta – l’armonia primigenia tra maschile e femminile, tra forza e fragilità, ricostruendo la presenza fisica ed insieme la vibrazione luminosa.
La pittura è densa, pastosa, impasto vivo che sprigiona luminosità dall’interno. La carnalità non è esibita, ma affermata: si manifesta come una meditazione sulla corporeità e sul senso di essere umani, sulla bellezza giovane che non è solo estetica, ma ontologica – un modo di stare nel mondo.
Un’altra tela di grande formato mostra un uomo di spalle, una lunghissima coda castana che gli attraversa l’ampia schiena, come un’eco della sua interiorità. Un amico dell’artista, colto in contemplazione di uno spazio domestico, forse un paesaggio interiore. Accanto a lui, un cane vigile e mansueto: una presenza che introduce una familiarità di valenza spirituale.
La firma dell’artista è data dalla presenza di un intenso autoritratto, che non serve all’autoindulgenza ma è racconto pensoso.
L’autoritratto è la mente che osserva se stessa. Egli si specchia colto in un momento di auto-riflessione: anche noi possiamo così indagare il volto intenso, che vuole far trasparire il mistero dell’ interiorità.
Le pareti sono puntellate da geniali paesaggi: in questi scenari naturali l’artista non riproduce affatto la realtà attraverso il mezzo pittorico, ma vuole cogliere la poesia che vi è nascosta, come un tesoro.
Inoltre ogni veduta è incontro con il mondo ri-ordinato dalla sensibilità che scopre l’equilibrio, finora non disvelato, tra gli elementi dello spazio e della composizione.
Nature morte, o la sospensione dell’attimo.
Le scene di natura, ricostruita con campiture limpide e cangianti, diventano luogo della rivelazione.
Ci sorprendono con la bellezza quotidiana, spesso ignorata e che l’artista ha la capacità di fissare, prima che si perda nelle pieghe infinite del tempo.
È questo il gesto più autentico di Provenzano: salvare l’attimo dalla dissipazione, fissare ciò che sfuggirebbe allo sguardo comune. Egli non solo individua la bellezza, ma la trattiene con generosità e la restituisce trasformata, riconsegnandoci il diritto supremo di stupirci.
È un universo raccolto e luminoso, come un breve canto.
In Provenzano la Natura morta diventa, al contrario, una materia costruttiva, una presenza viva e che respira se stessa.
Una foglia — con il suo impasto materico denso, pesante — invece di gravare sulla tela sembra galleggiare sul piano del quadro.
L’artista entra da padrone in questo racconto: l’ultimo tratto di un viaggio in cui la materia è trasportata da una corrente limpida e scintillante, coperta da una luce bianca e cristallina, che rievoca con facilità la purezza dell’acqua di sorgente.
Rivela la bellezza assoluta: stavolta è l’infinita gamma del dorato che accarezza la nostra retina, lasciandoci sospesi.
La lezione che riceviamo dalle sue pennellate è che ogni materia — che sia acqua e, con essa, il groviglio di rametti, fango o le foglie accostate sulla riva — possiede lo stesso peso visivo, la stessa dignità dello sguardo. Non c’è gerarchia: la lezione di Cézanne non può essere dimenticata.
E ciò che resta negli occhi è la trama brillante del colore. Ciò che l’artista ha visto si è trasformato in un ricordo luminoso e pesante:
perchè le sue nature morte non descrivono: evocano. Non rappresentano oggetti, ma la loro permanenza segreta;
quel momento in cui la materia, per un attimo, diventa luce.
L’antica frase del panneggio.
C’è un antico sistema, tutto dei pittori, di far accadere miracoli nel silenzio: il drappo bianco è un classico, una semplice stoffa che diventa racconto. Il meccanismo dello stupore, da sempre affrontato dai maestri di ogni epoca, ritorna anche in Provenzano.
Qui, come allora, è il minimo che rivela il massimo: il tessuto sdrucito e senza alcun valore, un panno appeso a un muro, nulla più. Eppure basta quel poco perché tutto si fermi, perché il tempo si sospenda.
In questo confronto con il soggetto antico, emerge la stessa meraviglia umile: la capacità di fare del presente semplice un luogo di rivelazione, dove ciò che è comune si apre all’inatteso. Provenzano, come quei maestri, non forza lo stupore: lo lascia accadere.
Nelle fabbriche la poesia dell’inatteso:
una sezione è dedicata al tema delle fabbriche: capannoni, geometrie industriali, architetture spesso considerate prive di fascino. Provenzano rovescia questa percezione, trasfigurandole in strutture splendenti di colore. Attraverso contrasti cromatici sorprendenti, valorizzati da accostamenti calibratissimi, l’artista indaga il rapporto tra le forme e la capacità umana di abitare anche gli spazi più alienanti, donando loro un senso. I capannoni diventano così riflessione e non più simboli di un mondo disumanizzato, ma luoghi in cui riscoprire l’armonia tra presenza umana e spazio abitato.
I poveri oggetti: poesia monumentale nascosta nell’umiltà.
Umile e monumentale, la poesia del quotidiano si manifesta, ad esempio, nella pila polverosa di fasci e fogli: nelle piccole cose di ogni giorno si nascondono isole di segreto trionfo. Essi, accumulati uno sull’altro, ricevono la polvere ma anche il bacio della luce, trasformandosi in monumenti del tempo, pilastri cronologici.
Ciascuno di noi ha la capacità e possibilità della conoscenza, ma è la particolare sensibilità dell’artista che ci permette di leggerne il mistero. È privilegio dell’artista riconoscere la grandezza del momento quotidiano destinato inesorabilmente a svanire.
Altro capitolo magistrale è quello dei disegni a grafite.
Quanti toni può avere il grigio? Infiniti, lo sappiamo. Ma ammiriamo la manualità sontuosa di un uomo che ha il dono dell’arte.
E sono stupefacenti nella perizia che rende fluido e naturale operazioni complesse e delicate; testimoni del livello tecnico altissimo: tracciati poetici capaci di condensare immagine, pensiero, lettura.
Provenzano ci mostra l’arte come ultima difesa di ciò che è umano.
Nella sua ricerca, Provenzano abita il tempo nei suoi interstizi più delicati. L’arte è, in lui, un dispositivo che registra e preserva ciò che altrimenti si dissolverebbe. Ed è proprio in questa capacità di conservare l’essere – non solo nell’immagine – che risiede il valore incommensurabile del suo lavoro.
Viviamo in un’epoca in cui una parte dell’umanità considera l’altra come materia da sfruttare.
Pensare l’uomo e la natura come soggetti da mercificare è il vero dramma odierno.
Le anime sono ritenute inutili, indegne di essere considerate vite. Ci riducono a semplice fonte di guadagno, e questo si manifesta in forme sempre più disumane: traffico di organi e vite, congelamento di embrioni, utilizzo dei corpi umani come elementi base per fabbricare farmaci o presunti vaccini. Come oggetti utili, vite sprecabili.
Viviamo nel tempo in cui la mercificazione dell’umano oscura nella massa la percezione del mistero unico che custodisce ognuno di noi.
In questo contesto, l’arte non è un ornamento, ma un presidio attraverso la quale si può ancora accedere allo spazio profondo della nostra identità umana.
Provenzano, con la sua pittura, mantiene aperta questa porta. Egli possiede le chiavi per leggere il segreto dei momenti, per registrare l’attimo, per restituire dignità alla vita e alla sua fragile immensità.
Le sue opere affermano che l’arte non è un lusso, ma un nutrimento senza il quale la nostra esistenza perde senso.
Ed è questo, cioè la fedeltà con cui ci riconsegna la meraviglia del mondo, che lo rende indispensabile nel panorama pittorico siciliano.







