Le luci di Atlantide: per un’Arte nuovamente libera

 

Fateci caso. Fermatevi e ascoltate: di Arte non parla quasi più nessuno. Assillati da problemi “ben più importanti”, i nostri e altrui discorsi nuotano nelle acque dense della cronaca sanitaria o giudiziaria: poco o nulla di più. Non vi è da farne un dramma direbbero i più, eppure è proprio così che il Male trionfa a mani basse, perché come insegna Jean Hani «il dominio dell’arte è un campo di attività privilegiato della sovversione, nella misura in cui l’opera d’arte è un mezzo particolarmente efficace per penetrare nell’anima e agire su di essa, nel male come nel bene». Anche quindi il non parlarne se non distrattamente è già un segno evidente che le forze sovversive ci hanno in pugno. I nostri occhi sono sempre puntati verso il basso e mai verso l’alto. Il cielo non dà conforto ad un’anima preda delle preoccupazioni.

È proprio dall’Arte dunque che noi crediamo debba iniziare la “rinascita” di un’umanità spenta e distratta che sembra aver davvero smarrito ogni slancio di vita. E non guardate, vi prego a quelli che si riempiono la bocca della parola Vita, ma non ne hanno neppure un soffio nei polmoni! La Vita è rischio e abbandono, è lampo dell’intelletto e fuoco nella carne, è occhio di cristallo come quello di un’aquila che vede sempre al di là, è sentire e partecipare alle gioie e ai dolori degli altri, è presenza dell’anima alle altre anime.

In questo tempo di grandi sconvolgimenti sociali e psichici, si è pertanto sollevata la piccola voce di un gruppo di artisti che vogliono accettare la sfida del cambiamento, che non si piegano ai ricatti di un potere falso quanto sempre più opprimente, che rivendicano la libertà dell’arte da ogni condizionamento indebito e avvertono con forza dentro di sé che è giunto il momento di lasciarsi alle spalle le ruggini di un mondo – e non solo di quello artistico – che è agonizzante. Nasce così il collettivo Le luci di Atlantide, composto da anime provenienti da diverse parti d’Italia, ma accomunati dalla necessità di lasciare le sicure mura di casa e intraprendere un lungo viaggio, confidando nella compagnia di un pubblico, si spera, sempre più numeroso. Qui di seguito, vi proponiamo un estratto del loro “Manifesto”:

 

«Ciò che sta avvenendo a partire dal 2020 non è una semplice crisi sanitaria, ma il colpo di coda di un progetto ben più lontano che mira all’instaurazione di una “nuova normalità”, una vera e propria riprogrammazione antropologica. Questi tempi hanno in tutto e per tutto una connotazione tragica che non lascia spazio ad ingenui ottimismi. Di fronte alla tragedia la coscienza impone una risposta: essere uomini o complici.

La Storia non torna indietro, il mutamento è avviato. E questa distruzione è figlia del “mondo di prima” che manifestava già il suo essere contro l’uomo, contro la sua naturale realizzazione. Non vi è dunque alcun rimpianto, ma anzi si coglie nel tragico, un’occasione propizia per ripensare ogni aspetto del vivere ad incominciare dalla Cultura e dall’Arte.

Non basta opporsi al male, occorre tracciare nuove rotte e costruire un diverso immaginario. Significa sentire una forza che muove dal di dentro, e sola può dare il coraggio di lasciare le sponde del “conosciuto” e del “familiare”, per rischiare un viaggio verso l’ignoto. Una forza che sola può vincere le umiliazioni, i rifiuti di un mondo che già ora non accetta pensieri divergenti. Serve ripensare non solo le forme, i contenuti dell’Arte, ma anche i circuiti di finanziamento e promozione. Un’Arte libera e indipendente non può continuare a legarsi ai soli meccanismi istituzionali, i quali ben sorreggono le ideologie dominanti.

Come si potrà continuare a fare arte con chi si è reso complice di questa vera e propria sovversione antropologica, appoggiandola apertamente o rimanendo nella sua corrente per semplice viltà e opportunismo? La riconciliazione passa sempre attraverso una purificazione. Il tempo non basta a lavare il male fatto. È il tempo di rivedere anche le amicizie, per edificarle su basi più profonde. È il tempo di vincere l’individualismo, il vero mostro divoratore di quest’era contemporanea. Si deve lavorare ad un Bene Comune, ad un’Arte che torni ad essere edificante, che elevi l’anima. Recuperare la dimensione dell’artista capace di parlare un linguaggio universale, che informi la sua arte alla vera natura dell’uomo, fuggendo l’autoreferenzialità di troppi esempi contemporanei. Bisogna lasciare indietro un po’ di noi stessi, sapendo che quello che si guadagnerà sarà molto più grande».

 

 

La sfida è grande, ma questa sfida non parla il linguaggio della fuga, ma dell’andare verso, è infatti una vera e propria chiamata che fa sì che le anime affini si ritrovino sulla medesima strada.

Il collettivo ha realizzato tre piccoli progetti, indipendenti e totalmente autoprodotti, per presentarsi al pubblico. Sono tre piccole opere molto diverse fra loro, per tecniche realizzative, forma e contenuti, a dimostrazione della varietà dei talenti presenti nel gruppo. 

Il primo progetto messo online a disposizione del pubblico è una rielaborazione in chiave soul-jazz del famosissimo brano We shall overcome. Il collettivo ha scelto questo progetto come manifesto visivo-sonoro di libertà e speranza in un tempo di oppressione. Perché la notte sembra sì, sempre più fitta e dura, ma non bisogna vacillare e guardare ad est dove sorgerà di nuovo il sole. Questo raccontano le fotografie originali che compongono il video musicale, che dai contrasti in bianco e nero dell’isolamento portano un po’ alla volta ai colori caldi degli spazi aperti.

E per meglio sottolineare, userei le parole di Cesare Vincenti, musicista e arrangiatore del brano, che esprime, a nome di tutti il desiderio che «fosse colto il valore di un messaggio profondo amplificato dalla musica e dalle immagini; un messaggio che affonda le proprie radici nella Storia, che chiede agli esseri umani di riscoprirsi e riconoscersi tali, di prendersi per mano per superare l'imposizione strumentale della distanza spirituale prima ancora che fisica».

Il secondo lavoro, anch'esso già caricato sul canale Youtube, è invece un cortometraggio di animazione in stop motion che gioca con gli "oggetti simbolo" di questa "pandemia". Un richiamo a non abbandonare mai l'arma dell'ironia e che vuole anche dimostrare la versatilità del collettivo nel saper maneggiare stili e tecniche espressive molto diversi tra loro.

Questo è Le luci di Atlantide. E questo è solo l’inizio. Che le persone si lascino attrarre sulla stessa strada di questi artisti, sapendo che il viaggio chiede un peso leggero sulle spalle, ma tanta forza dentro di sé.

Questo è il link al canale Youtube dove potrete vedere i progetti che verranno caricati di volta in volta: https://www.youtube.com/channel/UCBRK0619Xi1IvNkdVys4dRg

 

di Massimo Selis

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