Il neo-platonismo: “etica e religione” nella teologia di Plotino – ricerca filosofica ed analisi di Giovanni Teresi

 

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                                                    Sarcofago di Plotino 

 

Il circolo del reale s’inizia con la discesa di Dio nel mondo, attraverso le ipostasi del pensiero e dell’anima, si compie con il ricongiungimento del mondo – purificato e sublimato nell’uomo – al suo divino principio. Noi conosciamo già quella purificazione che è la scienza, per cui l’uomo, sorpassando le fonti impure del sapere, si adegua all’intelletto, e sorpassando l’intelletto si adegua al divino. Un’altra purificazione è la bellezza, la quale nasce come supremazia della forma, come superamento della materia. Che altro è la bellezza del colore se non il superamento di ciò che nella materia è tenebroso, per effetto della luce che è incorporea, ed è come ragione e specie?

La bellezza ha due forme, sensibile e intelligibile; la prima, ombra e vestigio della seconda, ella solamente si eleva al divino ed è simile a Dio. Bisogna dunque che l’anima, riconosciuta la vana parvenza della bellezza sensibile, fugga verso ciò di cui essa è simulacro. Dove fuggire? in te stesso. Guarda in te, e se ancora non ti conosci bello, imita l’artefice, che volendo una bella statua, parte di ciò che ha abbozzato toglie via, parte plasma, parte leviga, finché le dà un bello aspetto.

Ma il teatro più vasto delle purificazioni è l’etica.

La moralità stessa non è che purificazione, catarsi, per cui l’anima si libera dal male, e nella purezza del suo essere rinnovato, s’immedesima con la propria fonte divina. La descrizione metodica dei grandi filosofi di questa iniziazione sarà opera scolastica dei discepoli di Plotino. Egli è troppo pieno di Dio, perché possa indugiarsi sulla soglia del tempio. Pochi problemi morali vengono da lui toccati: l’interesse centrale della sua mente è la religione, non già nelle sue forme esteriori ed oggettive, ma come religione soggettiva e intima dello spirito.

Tra i problemi morali, merita una particolare considerazione quello della libertà. Plotino intuisce profondamente che l’idea della libertà non si riferisce all’azione verso l’esterno, ma a un atto intimo. Il valore di questo atto è tuttavia limitato da lui a ciò che è senza materia: nella materia infatti regna la necessità ineluttabile.

La volontà è tutt’uno con il pensiero è chiamata volontà solo in quanto è secondo il pensiero: la volontà infatti vuole il bene, e l’intendere è nel bene. Quindi, il pensiero è per se stesso libero; quindi la vera libertà è la virtù. Ma Dio è superiore alla libertà, e similmente l’anima che a Dio si congiunge è superiore a questa perfezione ed autonomia. Lo stato della perfetta beatitudine, della realizzazione compiuta di tutte le potenze dell’anima, è l’estasi.

È da credere, dice Plotino, che noi vediamo Dio, quando l’anima di repente riceve la luce. Egli appare circonfuso da quella luce ed è insieme quella luce, di cui l’anima era vuota prima del suo ingresso.”

Come ciò avviene? Togli di mezzo ogni cosa!

È il grido supremo della rinunzia alla propria umanità, del violento distacco dello spirito da tutto ciò che lo lega alla vita terrena. Nell’estasi, l’anima fissa in Dio e non sente più il corpo né sente di essere uomo, né animale, né universo, né ente.

Il massimo sforzo di Plotino sta nel mostrare che, in questo stato, la contemplazione di Dio è un vero possesso di Dio: meravigliosa tra svalutazione, in uno slancio di entusiasmo, delle premesse oggettivistiche del pensiero greco.

Dio, egli dice, non è posto fuori dell’intuizione dello spirito che mira a lui; egli è presente dovunque lo si possa attingere, e solo all’impotente non è presente. E noi siamo presenti a lui, quando abbiamo allontanata dall’anima ogni diversità e imitiamo l’identità della sua essenza. Allora l’anima vede la fonte della mente, il principio dell’ente stesso, la causa del bene, la radice dell’anima. Quivi lo spirito si riposa, si libera dal male, quivi intende veramente e non è più legato a nessuna passione; qui solo gli tocca di vivere realmente. Questa dunque degli dei e degli uomini divini e felici è la vita, libera da tutte le cose di quaggiù, vita aliena dai piaceri di quaggiù fuga di solo a solo.”

Queste meravigliose parole chiudono le Enneadi.

La teologia di Plotino è l’ultimo slancio dell’oggettivismo greco: il pensiero che no era riuscito a conquistare Dio nello sforzo metodico della dialettica di Platone e dell’apodissi di Aristotile, e che aveva concluso il suo grande e disperato lavoro con la negazione scettica di se medesimo, tenta l’ultima volta l’impresa, con l’impeto di trascendersi in una esperienza superiore. Non è più la serena contemplazione dei classici, ma una passione mistica, l’esasperazione di una visione che vuol essere un possesso.

Incapace di una conquista troppo lontana, il Dio di Platone, si rivela esso stesso come la conquista di un nuovo Dio; il Dio che agita lo spirito, che vi accende la fiamma dell’entusiasmo. E traduce nel misticismo il concetto nuovo dell’infinito: infinito è Dio, infinto l’amore dell’uomo verso Dio. Quivi si sente l’età cristiana della filosofia: l’infinito come potenza nuova del reale; potenza che non diverge dall’attualità, ma s’immedesima con essa.

E in Dio, benché sia nella sua essenza superiore ad ogni razionalità, si sublimano i massimi valori razionali, che l’uomo ha scoperti.

Il pensiero divino soltanto è quello che conoscendo le cose le produce, quello che converte l’avere con l’essere, essendo quel che ha, cioè ripudiando ogni inerte e dualistico sostanzialismo; quello che infine prodigandosi si possiede e si raccoglie, senza minorarsi, come fiamma inesauribile da cui tutte le fiamme si accendono. In questa intuizione, l’emanatismo naturalistico è sorpassato, ma non vinto del tutto. Di qui il principio plotiniano: che ogni essere giunto alla perfezione genera un essere simile a sé, benché minore di sé. Il pensiero cristiano lo correggerà, almeno parzialmente, nella sfera della generazione divina, del Figlio e dello Spirito, ponendo l’eguaglianza del genitore e della genitura. E la Trinità neoplatonica, così indirizzata a una meta più alta, si trasferirà per intero nella speculazione cristiana, vivificandola con quel triplice influsso, platonico, aristotelico, stoico, che già porta in sé.

Giovanni Teresi

 Bibliografia: Storia della filosofia greca – G. De Ruggero – Ediz. La Terza

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