Tommaso Romano, "Umberto II e il referendum del 1946 nella Sicilia che votò monarchia" (Ed. Thule) - di Ferdinando Raffaele

Il 2 giugno 1946, com’è ampiamente noto, rappresenta un capitolo cruciale nella storia d’Italia, in quanto ha luogo il referendum istituzionale che determina la scelta della forma repubblicana di governo. Ma la Sicilia, rispetto ad altre regioni, in virtù della sua storia e delle sue particolari sensibilità politiche, esprime un giudizio diverso, scegliendo con grande maggioranza di elettori – oltre il 63 per cento, e nella parte orientale oltre il 68 per cento – la Monarchia. Questo evento è oggetto della trattazione del bel volume di Tommaso Romano, Umberto II e il referendum del 1946 nella Sicilia che votò Monarchia, Fondazione Thule Cultura, Palermo 2023, pp. 100. Introdotto dalla pregevole prefazione dello storico Francesco Perfetti, il libro è incentrato sul viaggio che re Umberto II – il quale aveva assunto la corona 9 maggio 1946, dopo essere stato dal 5 giugno dell’anno precedente luogotenente generale del Regno – compì nell’isola tra il 28 e il 29 maggio.

In una campagna referendaria fortemente influenzata da fattori extrapolitici – si pensi ai problemi dell’economia post-bellica – e dall’esclusione dalla partecipazione al voto delle regioni di confine e di molti militari (che erano in gran parte favorevoli alla Monarchia), il risultato evidenziò la spaccatura dell’Italia in due parti, poiché il nord Italia espresse una maggioranza di voti a favore della Repubblica risultando perciò determinante. In Sicilia, il referendum mostrò una significativa preferenza per la Monarchia. L'isola, storicamente legata alle dinastie regnanti e con un forte attaccamento alla tradizione, manifestò per l’appunto un sostegno maggiore verso la continuità della monarchia.

È stato quindi merito dell’autore avere collocato un evento tutto sommato circoscritto alla storia locale in un quadro più ampio, entro un orizzonte nazionale e internazionale, senza per questo cadere in letture “provinciali” dei fatti; e anche di avere rappresentato gli stessi con intensa partecipazione emotiva. L’ampia scelta di immagini e documenti posti a corredo, infatti, conferisce al testo di Romano una vivacità non comune per il genere storiografico.

I risultati del referendum del 2 giugno 1946, che segnarono la fine della Monarchia in Italia e l’avvio non senza tensioni e divisioni dell’attuale forma di governo repubblicana, in Sicilia riflettono la complessità politica e storica dell'isola, che nelle pagine di Romano sono ascritti ad almeno tre ragioni. Innanzi tutto va sottolineato l’alto profilo istituzionale tenuto da re Umberto II nel corso della campagna elettorale, in cui distinse sempre il ruolo della monarchia e il superiore interesse dell’Italia da quello di parte; nonché il prestigio di cui continuava a godere la figura del re, malgrado la guerra che aveva così duramente ferito la nazione. In secondo luogo, va ricordato il minore radicamento ideologico e organizzativo dei partiti del CNL, il cui apporto si rivelò decisivo per la vittoria della parte repubblicana. La terza causa dell’affermazione monarchica nell’isola fu costituita dal patrocinio dato allo Statuto speciale della Regione Siciliana con il Regio Decreto emanato da Re Umberto il 15 maggio del 1946. Lo Statuto riconosceva una plurisecolare tradizione di autogoverno della Sicilia e veniva incontro alle richieste di autonomia politica dal governo nazionale, che subito dopo l’inizio dell’occupazione anglo-americana si erano trasformate in accese rivendicazioni indipendentiste. In una situazione di grande instabilità politica e di precarietà economica, il Movimento per l’Indipendenza Siciliana (MIS) aveva infatti ottenuto nel periodo che dalla fine del 1943 agli inizi del 1945 un grande consenso popolare, che tuttavia venne meno nel momento in cui le più importanti istanze propugnate furono accolte.

Peraltro la trattazione di Tommaso Romano offre spunti densi di acute suggestioni, come quello della proposta fatta all’allora principe Umberto di Savoia di assumere la corona di re di Sicilia da congiungere, sotto la forma istituzionale dell’unione personale, a quella di re d’Italia (proposta cordialmente ma decisamente rigettata dall’interessato); o come quando tratta del sostegno che ebbe nell’isola da parte delle gerarchie ecclesiastiche, a cominciare dall’arcivescovo di Palermo, il cardinale Ruffini, il quale non esitò ad accompagnare il Re, standogli sempre al fianco, negli incontri pubblici che ebbe nel capoluogo siciliano.

Ma al di là del contributo documentario – significativa, ad esempio, è l’intervista all’onorevole Alfredo Misuri, rilasciata al giornale palermitano Fermento il 30 giugno del 1946, in cui si parla dei rapporti fra indipendentisti siciliani e monarchici, nonché dell’idea di “monarchia popolare”, che rappresenterà la novità del pensiero politico filomonarchico nei decenni successivi – e dell’aneddotica, il volume di Tommaso Romano è importante, soprattutto perché, nel rimarcare la grande accoglienza popolare che gli fu tributata nel corso del suo viaggio e il forte consenso elettorale che ebbe la monarchia, mette in rilievo il retroterra culturale che è stato alla base del successo elettorale dell’opzione monarchica. Si tratta, del resto, di una base politica che non cesserà di esistere a seguito dell’esito del referendum, ma che per decenni costituirà un coagulo socio-culturale destinato, al di là di specifiche collocazioni partitiche, ad avere un peso significativo negli sviluppi della vita politico-istituzionale della Sicilia (si pensi, per esempio, all’esperienza di governo della giunta “autonomista” guidata dall’onorevole Silivio Milazzo). Da questo punto di vista il lavoro di Tommaso Romano, al di là della narrazione degli avvenimenti legati al referendum, apre delle piste d’indagine ancora non sufficientemente esplorate, ma senz’altro proficue e meritevoli di essere percorse.

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