Teresa Maria Ardizzone, "Palermo con i miei occhi. Il sogno della Rinascita" (Ed. Thule) - di Anna Maria Ruta

Cara Palermo intitolava nel 1996 Aurelio Pes un suo bel libro che si abbelliva anche di un intervento di Dacia Maraini e delle fotografie di Melo Minnella, commentate da un maestro come Ferdinando Scianna. E Cara Palermo, Carissima Palermo potrebbe anche intitolarsi questo accattivante libro di Teresa Ardizzone D’Eredità, che già nel 2019 aveva affidato altre sue memorie, altri racconti di cose vissute a Sferracavallo al volume Il golfo si tinge di rosa. Più matura oggi, più sicura nel linguaggio, sciolto, talora poetico anche, stimolata dalle molte, importanti letture fatte, l’autrice si abbandona qui alla contemplazione memoriale, al richiamo dei ricordi, personali e della vita della città, di cui sente e assapora tutto il fascino della millenaria esistenza: “una città amata, vissuta, sofferta”. Come un romanzo, ma anche il romanzo della sua vita, introdotto da una bella, chiarificatrice prefazione e arricchito da rare immagini, per lo più della collezione di Giulio Perricone, oggi esposta a Palazzo Tarallo. Recentemente definita dalla Agnello Hornby addirittura la città più bella del mondo, Palermo, la Palermo di Teresa, che è la vera protagonista di questo accattivante volume, è attraversata dalla memoria in quasi tutta la sua storia e nei suoi vari aspetti,

Sfaccettata nelle sue molteplici realtà, per frammenti, Palermo si moltiplica in quella degli architetti e dei villini della Belle Époque, in quella degli scrittori, degli artisti e dei fotografi, la Palermo dei mercati, degli antichi rioni popolari e dei nuovi, quelli della borghesia emergente. Teresa cerca di attraversarle tutte, innamorata come è, e come lo siamo un po’ tutti, soprattutto di un suo certo passato, delle sue tradizioni, spesso oggi scomparse, che però a lei ritornano alla mente con rimpianto e dolcezza di memorie.  Così, nelle pagine, storia della città con la S maiuscola e storia personale con la tenerezza dei ricordi di famiglia si intrecciano dando vita ad un racconto vivace e stimolante per chi legge, ad una sorta di romanzo personale, che partorisce ricordi su ricordi. Una lettura che spinge ad andare sempre avanti e che fa venire alla memoria un suo cultore raffinato e rimpianto come Rosario La Duca, che nella sua attesissima rubrica La città perduta del “Giornale di Sicilia” scandagliava giornalmente con amore fatti e luoghi noti o lontani nel passato, che si andavano perdendo nella memoria. Teresa con piglio vivace ed accattivante e con gustosi flash narrativi ripercorre anche lei con amore tutta la Palermo del suo vissuto con la sua storia e con i suoi costumi in un appassionato e scorrevole remember per gli anziani e per una piacevole scoperta per le giovani generazioni.  Anche la grande Storia, attraversata velocemente ma lucidamente e puntualmente con grande partecipazione e con il supporto di importanti letture consolidatesi nel tempo, ha l’andamento narrativo che l’autrice preferisce, ha il linguaggio sciolto e il ritmo ansimante del racconto, che vuole andare avanti senza fermarsi. Un romanzo nel romanzo, dunque, con una trama che tanti sì hanno raccontato, ma che ancora val la pena di rispolverare, generazioni dopo generazioni, affascinati dalla complessità oltre che dalla bellezza di questa città, che stimola sempre nuove visioni e nuovi ricordi.  Una storia avvincente, al plurale e al singolare, che si fa leggere velocemente, in situazione d’attesa, un dolce e malinconico revival di altri tempi, in cui oggi forse la città non si riconosce più o poco. Partendo dalla definizione di Sicilitudine, a volte anche con analisi antropologiche e sociali sui siciliani, Teresa legge la storia della città antica e moderna, quella della Belle Époque di Franca Florio e della Pupa del Capo e soprattutto quella della sua generazione, quella del dopoguerra, in cui alcuni di noi lettori ci ritroviamo tutti con amore, rimpianti e spesso anche condanne. Palermo c’è tutta: quella dei viaggiatori e degli storici, degli antropologi e dei giornalisti, quella degli artisti e dei Circoli, ma soprattutto quella della memoria personale, dei ricordi di vita, di una crescita che attraversa i decenni fino ai nostri giorni, ripercorrendo luoghi, usi, abitudini, facendo rivivere uomini, e realtà urbane, che ritornano con tenerezza e intimo rimpianto  soprattutto alla memoria di chi, coetaneo di quegli anni, queste stesse cose ha vissuto con amorosa partecipazione: la frequentazione degli stessi luoghi, la conoscenza degli stessi personaggi emergenti della città, le stesse abitudini: il pane e panelle, inventate dagli arabi, la particolarissima Iris così chiamata dall’opera di Mascagni, rappresentata al Teatro Massimo nel 1901, il punto d’incontro dei giovani davanti alla bacheca del Politeama. Gli anni Sessanta e Settanta soprattutto rivivono, con una dolce e a volte dolorosa nostalgia, nella memoria di chi legge, soprattutto pensando allo scempio attuale della via Maqueda e della via Ruggero Settimo: Caffè come Moka, Dagnino, Caflisch e Mazzara e a Mondello Il Baretto, e Librerie come quella di Fausto Flaccovio, che  aveva sempre sul suo tavolo in fondo al locale una rosa fresca o come quella della sig,.ra Ciuni, le Gallerie d’Arte che si moltiplicavano, gli eleganti Hotels, i Teatri, i Cinema, il Mirage, i Circoli, i Cineforum (La Base e quello del Don Bosco). Ma anche le canzoni, i film, le importanti manifestazioni di musica, classica e Pop degli anni ’60-‘80, scorrono, e forse con rimpianto, davanti agli occhi della memoria

Chi legge partecipa e ha l’ansia di andare avanti: è come se leggesse un romanzo, il romanzo di una città, di una generazione, di una vita. Accurati i riferimenti alla cultura: non c’è tasto della vita di quegli anni che l’autrice non tocchi con un’informazione puntuale su tutti i fenomeni storico-sociali, raccontati con vivacità, leggerezza e sorriso. Il ’68 la infiamma, le trasformazioni sociali e della vita della città la caricano e danno vita a un fiume di ricordi, di fatti e soprattutto di uomini, allora noti e oggi forse dimenticati, come Nino Alongi e la sua Città per l’uomo, don Sturzo, Ennio Pintacuda e tanti altri. E le donne, tante che hanno fatto la nuova Palermo (Franca Florio, Franca Viola, Elda Pucci, l’Accascina, Letizia Battaglia, Elvira Sellerio e tante altre), come alcune del passato (Filiciuzza, Olivuzza, etc.).

Le informazioni sono attentamente verificate, scientifiche e sempre accattivanti venendo da letture personali scelte: e la bibliografia riportata alla fin del libro lo dimostra. La parola come “terapia della sopravvivenza e della speranza” conclude Tommaso Romano il suo testo, la “bella” parola aggiungo io, affascina e consola.

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