Profili da Medaglia/39 - "Nino Aquila" di Tommaso Romano

Nino Aquila è stato sempre gentiluomo colto e pieno di interessi, pro­tagonista eccellente, autentico e disinteressato, nella sua città amatissima e complessa, Palermo.
Un uomo, un intellettuale elegante che sa coniugare ancora l’essere e lo stile, l’etica e l’estetica, in una via vivificante, unica sostanza di vita.
Aquila è un uomo del Novecento, non solo anagraficamente, è figlio di un secolo difficile e in taluni casi esaltante, non immune, anzi, dal nichili­smo distruttivo e dalla decadenza volgare.
Nel Novecento e in questo scorcio del terzo millennio, Egli ha percorso con lievità gentile sapendo coglierne il meglio, al pari del rigore professio­nale, che non è riferibile soltanto alla sua pur nobile e qualificata attività di radiologo che si dipana sino ad oggi.
Le tante altre vocazioni di Nino Aquila, infatti, sono state sempre impe­gnate nell’approfondimento e nella passione sincera, non effimera, nell’ide­ale della proiezione di un Weltanschauung che riporta alla mente le parole illuminate di Kahlil Gibran.
Aquila è un uomo eccellente, infatti.
Sportivo e pilota automobilistico, sente il cavalleresco, l’ardimentoso e l’agile, come palestra di vita, lontano dal concepire l’attività sportiva in sen­so mercantile-pubblicitario.
Collezionista filatelico ed esperto di storia postale a livello internazio­nale, è ricercatore infaticabile ed autore di testi fondamentali (editi da un leader nel campo come Bolaffi) che abbracciano con la storia, la cronaca, l’arte, il costume di un popolo, quello siciliano, metafore di una memoria condivisa, quella della Storia Patria, di cui è interprete e custode attivo.
Nodale è nella biografia di Aquila il rapporto con il teatro, a tutti i livelli: da quello giovanile universitario alle esaltanti filodrammatiche, dal teatro di parola a quello sontuoso del melodramma. Capace di una duttilità originale di autore e critico, regista e librettista, storico e pubblicista, di ciò, primaria­mente, va ricordata la fondazione del CUT-Centro Universitario Teatrale, la fervida collaborazione con il compositore e direttore d’orchestra Angelo Musco, nonché la fattiva operosità, quale coautore con Lino Piscopo, di una poderosa storia del teatro palermitano.
Quale poeta e narratore, infine, Aquila ha pubblicato negli ultimi anni i frutti maturi della sua produzione, con il plauso critico e l’attenzione che si riservano alle più fini opere dell’ingegno e dell’arte, frutto di alto nito­re ispirativo e di colloquialità intima e ricercata nella Parola, in una sintesi che risulta cesellata e mirabile, una sorta di itinerario-narrazione, ricerca del tempo che non si perde.
"Stimma" di tutta umanità di rapporti ed esperienze intellettuali e spi­rituali è il recente volume Incontri pubblicato dalla stessa casa editrice di Salvatore Fausto Flaccovio, l'indimenticabile libraio-editore palermitano, nella cui libreria di via Ruggero Settimo si compirono molti importanti in­contri magistralmente narrati.
Per tali motivi non transeunti, ad Aquila voglio dedicare, con cuore amico, queste auree parole del mistico-filosofo Ramon Panikkar: «Ognu­no di noi partecipa più o meno attivamente a formare l’ordito della propria esistenza, ma viene inserito nel tessuto che è stato intrecciato prima di noi nel mondo in cui viviamo, nella cultura che ci circonda». Sono concetti e valori che Gli appartengono interamente, meritatamente.
Accennavamo all’etica e all’estetica. Il mondo classico, i greci in parti­colare, non conoscevano la distanza - oggi abissale - fra l’etica e l’estetica, alieni come erano da sistemi e norme codificate, «da codici che definissero bellezza o rettitudine. Ma esisteva un consenso generale su entrambi, e an­che sul fatto che erano intimamente legati. Erano due diverse facce della stessa qualità: la virtù, l’eccellenza» (Franco Zoja).
Nino Aquila ha costantemente concepito e praticato - alla maniera clas­sica, oseremmo dire rinascimentale, appunto - la vocazione alla bellezza, alla vita contemplata e vissuta come unica e irripetibile avventura creativa, alla pari di un’opera d’arte non contraffatta dal seriale e dall'orrido, emble­mi di una modernità senza centro spirituale.
A tale espressione di armonia identitaria, Aquila ha sempre fatto corri­spondere, nell’umano tratto e nel rapporto con il prossimo, negli affetti e nella scrittura, l’imperativo di dire la “sua” verità, scolpendo un’impronta di autentica signorilità e poesia.
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