Giorgio Ferrari, “L’Arca Russia. Il mito della “Grande Asia”. Dall’impero degli zar alle guerre di Vladimir Putin” (Ed La Vita Felice) – di Gaetano Celauro

 Un libro intenso e pieno di contenuti su un tema di stringente attualità che spazia tra storia, politica e attualità, scorrevole ma puntualissimo, denso di informazioni sulla Russia passata e presente.

L’egregio ultimo lavoro di Giorgio Ferrari, affermato giornalista e saggista ha come sottotitolo di copertina a significarne il contenuto: Il mito della «grande Asia» dall’impero degli zar alle guerre di Vladimir Putin.  L’A, oltre che giornalista, è inviato speciale ed editorialista dell’Avvenire e questa circostanza condiziona notevolmente la sua scrittura di saggista, profonda ed attenta ed insieme di grande limpidezza e semplicità. Il suo percorso letterario è vasto e comprende argomenti di varia natura come nell’’ultimo in cui tratta Sostakovich titolato: Il naufragio di Sostakovic. Arte e cultura sovietica negli anni del terrore staliniano (Neri Pozza, 2022).


Partendo dal titolo, l’autore si è ispirato a quello identico del famoso film del 2002 di Alexander Sokurov, al quale per certi versi somiglia nello svolgimento del suo iter narrativo.
Il film di Sokurov è un lunghissimo unico piano sequenza negli splendidi saloni del Museo dell’Ermitage a San Pietroburgo, che coinvolge lo spettatore. Si apre il museo e si entra dentro la Storia, e come se si fosse un estraneo, si vive, si entra e si viaggia nel vissuto della grande Russia. È un viaggio all’interno di un immenso territorio, così vasto, complesso e variegato, indefinibile in quanto impossibile a spiegare in una sola parola. È stato un paese, un impero, per lungo tempo isolato e per questo meno conosciuto.

Il libro inizia con un episodio recente del 2022, la morte di Gorbacev così descrittta:

“Avvolto da un drappo nero sopra il quale biancheggia nella bara il volto pallido e già marmorizzato dell’ultimo presidente dell’Unione Sovietica, Michail Gorbačëv si accomiata senza onori di Stato, senza lutto nazionale. A rendergli omaggio ci va solamente, ma la sua presenza è beffardamente carica di significato, Dmitrij Medvedev, l’uomo forte del Cremlino, il vicepresidente della Commissione di sicurezza della Federazione Russa, l’uomo che abbaia quotidianamente le minacce che Putin non può pronunciare.”

Si parte da questo episodio triste e malinconico su Gorbačëv, di cui l’autore parla come di un intellettuale colto e raffinato ma di una rozzezza politica in ragione del naufragio, delle sue sconfitte politiche e dei suoi progetti. Si compie successivamente un viaggio a ritroso che prende inizio dalla Russia degli Zar, per poi attraversare l’Unione Sovietica ed in un moto circolare ecco ora il ritorno degli zar, nel senso della loro mentalità fatta propria dai nuovi esponenti politici. Gorbačëv è stato uno dei pochi che hanno rifiutato di comportarsi da Zar ma ha fallito, mentre Putin incarna nella sua visione politica e nelle modalità comunicative, la grande personalità degli Zar come unici ed infallibili despoti.

Un viaggio, un itinerario, quello che percorre l’autore, pieno di interesse per i raffronti ed i rimandi e le preziose informazioni che fornisce al lettore, forte delle sue conoscenze personali e professionali. Un viaggio che si conclude con un interrogativo che è poi senza risposta perché si chiede cosa ha portato a tutto questo. Ci si chiede perché la Russia non è mai riuscita ad uscire da questa immagine che l’ha imprigionata sin dall’inizio senza sostanziali progressi.
Si tratta inevitabilmente di Putin, e di una mentalità che è in buona parte congenita nel popolo di una Russia, che è difficile e improprio catalogare come un’entità unica ed indifferenziata, e che vive su un esteso territorio che si estende sino alle soglie dell’Europa e fino alla Cina. Difficile se non quasi impossibile andare a definire tutti gli aspetti di un “mondo” così diverso e variegato, paragonabile ad un “Arca” che si muove ma non in una precisa e unica ed immutata direzione.
E questo cercando di dimenticare “il grande abbaglio” (cit.). iniziato con la fondazione di San Pietroburgo con lo spostamento verso l’occidente europeo della capitale.

Negli ultimi tempi, come recita il titolo di copertina, pare proprio che la Russia abbia assunto ineluttabilmente una direzione verso Oriente e tendenzialmente ritorna ad essere un paese profondamente asiatico e l’autore, sostiene come in fondo, fosse stata sempre questa la sua autentica vocazione. Invero la Russia è un mondo vastissimo con tante anime, un universo a tratti misterioso specie per gli europei da parte dei quali, poco si è approfondita la conoscenza di questo immenso paese che erroneamente lo si considera un’unica entità.

Si pensa di conoscere le abitudini, il cibo, la musica della terra di Gogol, di Cechov, ma è la Russia di un periodo ottocentesco mentre adesso ci si ritrova a confrontarsi con un popolo completamente  diverso. Durante e dopo il secondo conflitto mondiale, la Russia era completamente distrutta, con San Pietroburgo allo stremo, disperata, ma facendo un salto nel tempo, anni dopo, si vede una città dove i giovani escono allegramente come in qualunque città e metropoli d’Europa.
L’ottimo lavoro di Ferrari si caratterizza per l’originalità del taglio narrativo esponendo fatti e circostanze non in successione cronologica, esaminando le radici del ricorrente antioccidentalismo della Russia e rappresentando come non vi sia una sola Russia già prima dell’Unione sovietica e ancor oggi ai tempi di Putin e citando l’autore:

“Si prova un’autentica vertigine a guardare dentro l’arca russa. Perché è così facile rendersi conto che non c’è una sola Russia. O per meglio dire, c’è una Russia. E un’altra Russia. E poi una Russia ancora, e un’altra, e poi un’altra ancora, quasi all’infinito, l’una che ne contiene e ne cela un’altra, finché tutte queste Russie tornano a essere un’unica Russia, in un caleidoscopio vertiginoso. Proviamo a osservarle e se possibile a contarle, sapendo che non si finirà mai.

Se si vuole trovare un comune denominatore in queste diverse Russie, secondo l’A., lo si può cogliere nel volere respingere l’Occidente inteso come paese corrotto, amorale e portatore di valori negativi. Un  idea , una visione che l’A, ritiene  presente già nei testi classici  della letteratura russa cfr. Dostoevskij, Lermontov, TurgenevTolstoj, Solženicyn .

Riassuntivo ed emblematico di un mondo e di una mentalità sono le circa ottanta pagine conclusive, che Giorgio Ferrari denomina: “Abbecedario dell’Arca” dove racchiude in quasi cinquanta voci, luoghi, avvenimenti, storie, personaggi, usi e costumi significativi della Russia e dei diversi popoli che la abitano, difficilmente inquadrabili in una sola e semplice definizione e classificazione,

 

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