Elite e Distinzione/ 22 - Guglielmo Bonanno di San Lorenzo

Noblesse Oblige? Senza alcun dubbio! Per secoli la nobiltà è stata indicata quale au­tentico status giuridico di taluni individui, disciplinato da regolamenti, che ne sancivano gli aspetti peculiari e determinavano, per gli appartenenti a questo ambiente ristretto, un livello di accettata e riconosciuta “superiorità”, rispetto a coloro che non rientravano in tale contesto. Si può, quindi, parlare di nobiltà solo come status giuridico? No. La nobiltà, quella vera, quella autentica, è anche (e forse soprattutto) uno status morale, che non con­cede privilegi ma impone degli obblighi. Non determina superiorità per nascita ma per me­rito, perché sì, si può senz’altro essere superiori; perché no? Il termine non deve incutere paura, perché non di superiorità razziale si parla. Si può essere superiori agli altri, oppure no; è solo una questione di scelta. Ciò dipende esclusivamente dal proprio comportamento e da null’altro. Non il denaro, non la posizione sociale, non la propria dimora, la propria automobile o la rozza forza fisica, possono determinare la superiorità di taluni rispetto ad altri, ma solo il proprio comportamento. Non si trovano, dopotutto, moltissimi casi, anche in Santa Madre Chiesa, di uomini e donne che, proprio in virtù del loro comporta­mento (ergo, delle proprie azioni), sono assurti ad un livello di superiorità rispetto ad altri? Troppo spesso si dimentica il significato più autentico della parola nobiltà, di antica di­scendenza latina, nella sua forma più antica di nobilis, che significa degno di onore. I nostri avi, i Romani, avevano notoriamente una autentica predilezione per il concetto stesso dell’onore, che nasceva principalmente dal comportamento dell’individuo, evidentemente più degli altri rispettoso delle leggi e leale verso il prossimo, quandanche si trattasse del nemico in guerra. Prende, quindi, forza l’idea di riconoscere la nobiltà più che come una condizione giuridica, come un vero e proprio status morale, riflesso, nella sua forma più naturale, nel proprio quotidiano contegno. Dopotutto, non sarebbe una chiara contraddi­zione in termini l'immagine di colui che, pur nascendo giuridicamente nobile, non dimo­stra poi di esserlo nella realtà? Un nobile che non si comporti per lo meno degnamente, priva dell’onore sé stesso ed il suo Casato: lo disonora! La nobiltà, quindi, crea princi­palmente obblighi, non privilegi, che sono invece il giusto riconoscimento per il proprio onorevole contegno. Nobless oblige, appunto.

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