“Una Commedia che riguarda tutti: il Dante di Donato Massaro” di Adriana Mastrangelo

Nel 2015, in occasione dei settecentocinquanta anni dalla nascita di Dante, sono proliferate in tutta l’Italia numerose manifestazioni atte a commemorare il Sommo Poeta. Ricordiamo, ad esempio, l’evento, tenutosi in Senato alla presenza del Presidente della Repubblica e delle massime Istituzioni dello Stato, dove è stato letto
un lungo messaggio di Papa Francesco che definisce Dante
“Profeta di speranza, annunciatore della possibilità di riscatto, della liberazione, del cambiamento profondo di ogni uomo e donna, di tutta l’umanità. Egli ci invita a ritrovare il senso perduto o offuscato del nostro percorso umano e a sperare di vedere l’orizzonte luminoso in cui brilla in pienezza la dignità della persona umana”.
Firenze non è stata da meno quando ha organizzato negli splendidi ambienti della Chiesa di Santa Croce, così ricchi di storia e di cultura, la mostra di pittura di un artista siciliano contemporaneo intitolata “La Divina Commedia dipinta da Pippo Madé”. Già soltanto questi due esempi ci dimostrano quanto sia sempre vivo l’interesse per una opera letteraria che ha saputo e sa ancora parlare alla mente e all’anima dell’Uomo.
Quando Donato Massaro mi ha parlato della sua idea di scrivere un nuovo testo sulla Divina Commedia, d’altronde ha già scritto su Dante “Due o tre cose che so di Dante”, sono rimasta un po' perplessa ma l’ho ascoltato attentamente ed ho capito dall’entusiasmo del suo parlare che aveva già maturato il progetto.
Nei giorni successivi pensavo a cosa può spingere un uomo del terzo millennio a pensare con tale intensità ed entusiasmo a Dante, tanto da sentire il bisogno di affrontare questa sfida e di offrirci una ennesima lettura del poema dantesco.
Sappiamo tutti quanto la bibliografia su Dante sia interminabile e quanti letterati e artisti si siano cimentati con le più svariate esegesi e rappresentazioni dell’opera dantesca, eppure Dante non smette di affascinare ancora i contemporanei.
 Ricordo infatti che qualche anno fa nel salone dei Cinquecento, è stato presentato un libro, frutto di uno studio trentennale, scritto da uno studioso americano che ha esaminato, analizzato ed interpretato la Divina Commedia con metodi di studio modernissimi e il pubblico ha accolto con molto interesse l'autore ed il suo libro.
Allora mi sono detta che pur sembrandomi una deliziosa follia, l’idea di Donato Massaro non fosse proprio tale se ancora oggi uno studioso di oltre Oceano, un    letterato- poeta italiano e un artista siciliano hanno sentito la necessità di darci una personale lettura della Divina Commedia.
Sulla modernità dell’opera dantesca si sono versati fiumi di inchiostro ed è stata tradotta in più di sessanta lingue; la qual cosa ci conferma che se ipoteticamente potessimo cambiare i nomi dei personaggi, potremmo tranquillamente trasferirla, di volta in volta, di secolo in secolo, fino ai nostri giorni senza limiti spaziali e temporali.
E’ interessante, ad esempio, ricordare l’interesse degli Americani per l’opera dantesca; infatti, centocinquanta anni fa, nel 1865, lo stesso anno di Firenze Capitale, a Boston, in occasione del sesto centenario della nascita del Poeta, fu edita la prima traduzione della Divina Commedia e fu fondato il ”The Dante Club”.
La società culturale americana del tempo, protestante e conservatrice tentò in ogni modo di ostacolare la diffusione dell’opera atta a diffondere le “superstizioni immorali e papiste” di Dante, ritenendo l’opera troppo violenta e con un linguaggio molto lontano dalle lingue classiche insegnate ad Harvard.
Questa ostilità, però, stuzzicò la curiosità del pubblico e fece aumentare considerevolmente la vendita e la conoscenza della Divina Commedia in America.
Recentemente lo scrittore americano Matthew Pearl, ha pubblicato, nel 2003, un romanzo ispirato all’ Inferno di Dante, trasformandolo in un “thriller”, con risultati piuttosto discutibili, ma anche questa operazione editoriale ha fatto aumentare la diffusione e la vendita della Divina Commedia.
Non si può, a questo punto non accennare al film “ Inferno “ tratto dal romanzo di Dan Brown, che ha invaso le sale cinematografiche di tutto il mondo, ottenendo un grande successo tanto che a Firenze sono stati creati degli itinerari turistici inerenti ai luoghi danteschi riferiti al film.
Tornando a Dante, il Poeta le aveva dato il semplice titolo di “Commedia”, forse perché al di là delle numerose interpretazioni critiche sull’argomento,  il contenuto rispecchiava e rispecchia tuttora la commedia della vita umana-“ Una Commedia che riguarda tutti”- come ha intitolato il suo libro Donato Massaro, nella quale l’Uomo, ha dimostrato di essere un fantastico inventore, un impavido scopritore, un geniale costruttore, ma malgrado il passare dei secoli e dei millenni, nel suo quotidiano continua a combattere con le sue imperfezioni, con le sue inadeguatezze, con le sue ansie e con la paura di soffrire e di morire.
Nel Medioevo il problema religioso era molto sentito, infatti proliferano “ I Giudizi Universali” in pittura, e Dante scrive la sua Commedia in lingua volgare  perché tutti possano conoscerla; non a caso “Una Commedia che riguarda tutti”, è il titolo, appunto, del testo di Donato Massaro, che ha scelto questa personale chiave di lettura della opera dantesca.
In realtà Dante ha raggiunto il suo scopo perché il popolo fiorentino ha fatta sua l’opera, tanto che fino a non molti anni fa, non era cosa insolita, camminando per i quartieri popolari della città sentire gli artigiani declamare, a voce alta, versi di Dante e altri rispondere con altrettanti versi dalle botteghe vicine.
In definitiva, pur semplificando molto il concetto, la “Commedia” è una drammatizzazione della teologia cristiana medievale, interpretata da Dante con una straordinaria creatività immaginativa, che stimola ed affascina, ancora oggi, il lettore.
Ma allora come ci invita a leggere Dante, Donato Massaro, poeta e letterato?                                               Egli con un linguaggio semplice ma non semplicistico, ci accompagna in una lettura direi di tipo psicologico- sociale in cui ritroviamo, nel procedere attraverso i canti e incontrando peccatori di ogni tipo, gli stessi smarrimenti e paure che, da sempre affliggono l’Umanità.
Dagli anni cinquanta del secolo scorso la vita quotidiana dell’Uomo ha avuto una notevole “accelerazione” grazie all’ evoluzione   tecnologica, che ha appianato in alcuni campi come la medicina, la paura delle malattie. Ci ha dato speranze concrete di allungare la vita,(statistiche alla mano), la possibilità scientifica di scegliere quanti figli volere, quando e di decidere di volerli sani , affiancando ai genitori una schiera di medici per l’infanzia, psicologi , cibi preconfezionati per tutte le fasi della vita con l’illusione di crescere figli perfetti; ma ci ha spesso impedito di metabolizzare questo cambiamento radicale di vita, pertanto la” crisi esistenziale ”e lo” smarrimento di “ cui parla Dante “nel mezzo del cammin di nostra vita” nella esistenza dell’uomo moderno si sono moltiplicati: crisi dell’adolescenza, crisi della maturità (non sappiamo più a quale età riferirla), crisi dei quaranta anni, crisi della terza e della quarta età.
  Lo “smarrimento” è diventato quasi una costante nel mondo contemporaneo anche perché per essere  ”à la page”  l’Uomo si deve inventare sempre nuovi valori culturali, sociali e di comportamento che spesso fanno slittare nel dimenticatoio o peggio estremizzano due valori fondamentali dell’Uomo: Fede e Ragione.
Dante, ben consapevole della difficoltà del cammino che intende intraprendere; si sente solo e confuso, non sa che gli verrà incontro qualcuno che lo aiuterà e che gli farà da guida in questo percorso e ancor più sarà piacevolmente sorpreso quando saprà che è proprio Beatrice che lo mette in condizione di affrontare questo viaggio. Allora il vero Amore conta veramente.
La Fede, Beatrice sollecita la Ragione a prendersi cura del peccatore per aiutarlo a rinsavire dagli errori… “fede amante che si prende cura dell’amato, pecorella smarrita da soccorrere… la fede non è astrazione, puro pensiero, ma è amore e impegno, concretezza di cui Beatrice è ambasciatrice”. Ma di quale forma di amore si parla: quello spirituale o l’amore Eros? Dante li conosce bene ambedue, come tutti gli esseri umani. E’ questo uno dei primi interrogativi che affronta, quando, suo malgrado deve mettere Paolo e Francesca (canto V)nel cerchio dei Lussuriosi, a causa di un peccato d’amore perché  andato contro le convenzioni sociali.
Francesca è una anima candida, cascata nella rete di un amore casto e senza malizia; Dante, che prova rispetto e compassione per lei si sente in difficoltà dovendola interrogare sul perché si trovi li. La pietà verso Paolo e Francesca è anche pietà verso sé stesso in cerca di redenzione. Ma si chiede il nostro autore:” esiste la Morale in senso assoluto o è legata ai tempi, allora è inutile scandalizzarsi. Oggi non ci scandalizza più niente: forse questo è lo scandalo” Pag 45                              
Una grande tensione umana e spirituale accompagna il poeta nell’incontro con la sua guida. Il modello culturale di Dante è Virgilio, che egli chiama “Maestro, Duca, Autore” nel senso che Virgilio è colui degno di essere ascoltato ed obbedito in quanto vero trasmettitore di cultura.
Come dice Seneca in un passo delle “Lettere morali a Lucilio”
 
              “Scegli un modello in cui ti sono piaciuti la vita e le parole ed in particolare il volto che lascia trasparire l’anima; additalo sempre a te stesso o come custode o come esempio. Intendo dire che abbiamo bisogno di un uomo alla cui insegna possiamo regolare il nostro comportamento”
 
 
Dante accentua la presenza del Poeta presentandolo nella sua grandezza morale, ma non invadente rispetto agli altri personaggi, e soprattutto con un piglio che da una parte rassicura Dante che a volte si stringe nelle spalle per la paura, tutta umana e dall’altra gli trasmette con severità “il vero sapere”. Attraverso le parole di Virgilio si evidenzia,  in una continua commistione di realtà e fantasia, quel fil rouge” che unisce l’essere umano dalla sua creazione ad oggi, attraverso i suoi sentimenti positivi o distruttivi, il vivere appieno le sue gioie e i suoi dolori, il suo aspirare ad un mondo razionale di armonia etica, che lo spingono a combattere contemporaneamente con la disarmonia dei suoi desideri di grandezza, che per certi versi lo innalzano verso il Divino, e il bisogno imprescindibile di lasciare un ricordo imperituro del suo “essere passato nel mondo”. Proprio la coscienza della transitorietà e della brevità della sua vita spingono l’uomo alla necessità di lasciare scritte “sulla carta o sulla pietra” le proprie idee; quindi la parola scritta e l’arte sono il nostro unico modo di stabilire un colloquio con il futuro.
Secondo Armando Benfenati “dipingere una immagine è rubarla al trascorrere del tempo…per goderla e migliorarla in una meditata contemplazione”.
 Dice Massaro: La vita è degna di essere vissuta, anche nell’ottica oltremondana , pensava Dante, cosi si deve continuare a credere nel 2000 benché  nei giochi del potere, l’oggi sia più sofisticato e complesso; si ha tutto ma si ha sempre fame di qualcos’ altro.
 Egli definisce la Commedia “Un atto di Fede, di Speranza, di Carità. E’ un Confiteor, è un Gloria, è un Credo in Dio e nella Sua Grazia. Ed è un fatto di erudizione inserito in un cammino di perfezione tra le strade dell’oltremondo e per le vie del mondo (pag123).
Dopo il salto nel buio del peccato bello è se segue il volo nella luce della Grazia per ritrovare la vera “Bellezza” e il “vero Amore”…la ricerca della Felicità vuole coraggio, dice Virgilio” vinci l’ambascia con l’animo che vince ogni battaglia e se si vuole costruire il cammino “ più lunga scala convien che si salga”
E’ felice chi ha l’animo in pace, sereno; un malvagio potrà essere soddisfatto e contento di sé, ma non felice, la Cupidigia glielo impedirebbe,…nella bramosia greve di avere sempre di più. In questo la Ragione interviene permettendo una parziale conoscenza della verità, ma non è tutto. Il viaggio all’interno di sé ha bisogno di un aiuto superiore” Beatrice in questo caso”.
Donato Massaro si inserito in questo cammino dantesco con una interpretazione moderna e nello stesso tempo universale del percorso del singolo e della Umanità intera, come ha fatto Dante rendendo la Divina Commedia l’opera di tutti i tempi e come scrive il nostro autore:
“Leggiamo la Divina Commedia anche per questo, per nobilitarci, per aumentare la nostra consapevolezza: in ciò che vogliamo e in ciò che non vogliamo.”
 Donato Massaro con la sua personale lettura del poema dantesco ci propone con un linguaggio chiaro, moderno, intriso di suggestive riflessioni culturali, e  con esempi pertinenti, nei quali spesso emerge la sua sensibilità di poeta, non di tornare indietro perché  sarebbe inutile ed anacronistico, ma di ripercorrere, come ha suggerito Dante a suo tempo, un viaggio di riflessione  all’interno di noi  stessi per non perdere di vista,  in pieno libero arbitrio, il fine ultimo della nostra vita  che rimane comunque pur sempre un grande “Prova”
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