recensione al saggio di Anna Maria Bonfiglio "A cuore scalzo".

 

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“ A cuore scalzo “, sottotitolo La vita negata di Antonia Pozzi, è un breve saggio scritto per le edizioni CFR, nei quaderni Poiein di saggistica e critica letteraria, da Anna Maria Bonfiglio, poetessa e saggista affermata.

La sensibilità dell’autrice ha permesso di cogliere l’essenza della poesia di Antonia Pozzi e di collegarla alla vicenda storica e umana della stessa.

La Bonfiglio afferma nel suo saggio di essersi innamorata della poesia della Pozzi e successivamente anche del suo tormentato percorso di vita che, in breve tempo, ha condotto la poetessa al più estremo dei gesti : il suicidio, avvenuto nel dicembre del 1938. Una poesia quella della Pozzi  “ che ha in sé una forte capacità rappresentativa della realtà e al contempo un’alta liricità dovuta alla presenza nei suoi versi di una costante nostalgia  per ciò che non è stato”.

Versi che giungono velocemente a maturità stilistica per esprimere al meglio il dolore che ha accompagnato la vita di questa giovane poetessa.

 

“…Poesia che ti doni soltanto

      a chi con occhi di pianto si cerca

     oh rifammi tu degna di te,

     poesia che mi guardi. “

 

Ad Anna Maria Bonfiglio và il merito, non solo di aver dato voce ai bei versi di una poetessa riconosciuta tale solo a distanza notevole dalla sua morte, ma soprattutto di aver saputo comprendere che il periodo storico in cui Antonia Pozzi è vissuta è stato determinante per il disagio esistenziale della poetessa.

  L’autrice di “ A cuore scalzo “ scrive :

“ Antonia Pozzi appartiene alla categoria delle imperdonabili…In una società dominata dal modello intellettuale maschile propinato dal regime, ad Antonia non viene perdonato di essere la donna e l’artista che è “.

Antonia Pozzi, racconta la Bonfiglio, fatica da subito a riconoscere il proprio valore

e si sente inadeguata già sin dai tempi del liceo.

La conoscenza e la frequentazione con il suo professore di materie umanistiche Antonio Maria Cervi,  più grande di lei di diciotto anni, le dà quella forza interiore che le permette di scrivere i suoi versi più belli e al contempo di crearsi un mondo tutto suo, dove passione, emozione e sentimento trovano dimensione purtroppo solo fuori dalla realtà.  Il padre della poetessa infatti, non acconsentirà mai alle nozze tra i due. Inizia così il percorso di solitudine di Antonia Pozzi, una storia di vita monca, dove un figlio mai avuto riempie teneri pensieri di maternità.

 

“…oh bimbo, bimbo mio non nato

      la tua mamma non sa

      che viso avrai

      ma la tua manina la sente

      per ogni sua vena

      leggera come un piccolo fiore senza peso…”

 

Nel saggio Anna Maria Bonfiglio ripercorre tutte le tappe della breve vita della poetessa, dando ad ogni capitoletto un titolo di riferimento ed inserendo per ogni tema trattato una o due poesie della Pozzi, così da dimostrare come la poesia è stata compagna fedele di questa sfortunata autrice e unica possibilità per esprimere desideri, paure, gioie e angosce profonde.

La lettura delle pagine offerte dalla Bonfiglio sono anch’esse forti, si fanno specchio del talento autentico e mai riconosciuto fino in fondo né dalla Pozzi, né da chi le stava vicino. Mirabile la capacità di scavo psicologico operato dall’autrice del saggio, che riesce così a sviscerare le più intime frustrazioni di questa donna, facendola diventare voce femminile universale. Per questo “A cuore scalzo” può essere considerato un piccolo e prezioso manifesto dei diritti di ogni donna, diritto di amare, diritto alla maternità, diritto al riconoscimento intellettuale, diritto al lavoro e soprattutto diritto alla non-violenza sia fisica che psicologica.

Purtroppo Antonia Pozzi ha pagato un prezzo troppo alto per questi diritti mancati, convinta che la realtà non si potesse cambiare. Lei stessa amava rimanere sempre un passo indietro rispetto agli intellettuali del suo tempo, ma la Pozzi, come si legge nel capitoletto “ Piccola ombra in riva alla luce “ era invece un’anima bella e nobile, che poteva, se solo avesse voluto, brillare di luce propria e illuminare il proprio cammino anzichè scivolare sempre più nel buio fino alla negazione totale della sua esistenza.

 

                                                                              

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