Profili da Medaglia/31- "Pino Rauti" di Tommaso Romano

Nato a Cardinale nel 1926, morì a Roma nel 2012.
Laureato in Giurisprudenza, politico, giornalista, scrittore. Giovanissimo partecipò alla fondazione del Movimento Sociale Italiano, alla fine del 1946. Nel 1954, dopo la vittoria dei fascisti in doppiopetto e l’elezione a segretario di Arturo Michelini, diede vita, seguendo il pensiero di Julius Evola, al Centro Studi “Ordine Nuovo”. Tramite Almirante rientrò nel MSI, nel 1969, alla morte di Michelini. Nel 1972 divenne Deputato alla Camera nelle fila del MSI, dove fu confermato fino alle elezioni del 1994. Nel 1979, al XII congresso del MSI-DN, venne eletto vicesegretario. Il 14 dicembre 1987, al XV congresso del MSI a Sorrento, raccolse quasi la metà dei consensi per l’elezione a segretario, ma fu battuto da Gianfranco Fini, sostenuto dal segretario uscente Giorgio Almirante e da Pinuccio Tatarella. Ricevette finalmente la guida del MSI nel 1990 dal Congresso di Rimini, ma non riuscì ad arrestarne l’emorragia di voti e, nel 1991, il Comitato centrale del partito “restituì” la carica a Fini. Europarlamentare fino al giugno 1999, dopo il congresso di Fiuggi del 1995, che trasformò il Movimento Sociale in Alleanza Nazionale, Rauti, da sempre animatore dell’ala “di sinistra” di quel partito, fondò, insieme ai Senatori Giorgio Pisanò e Cesare Biglia, il Movimento Sociale Fiamma Tricolore e, nel 2004, il Movimento Idea Sociale.
Opere: Le mani rosse sulle forze armate (1966); L’immane conflitto (1969); Le idee che mossero il mondo (1974); Storia del Fascismo (1976-­78), in sei volumi.
Pur avendo, chi scrive, aderito insieme a un drappello di Amici di tutta Italia, nel 1987, con il manifesto di “Tradizionalismo Popolare” (pubblicato sul “Secolo d’Italia” da Cesare Mantovani nel periodo a ridosso del Congresso del MSI di Sorrento), alla tesi di “Andare Oltre” e alla prospettiva di una Segreteria Rauti, non fui mai ciò che suole definirsi un rautiano ortodosso.
Sono stato, da giovane, lettore e ammiratore delle opere, delle tesi ed estimatore della grande cultura di Rauti (che proveniva dalla scuola di Evola), nonché della sua lucidità interpretativa della politica e della storia (più teorica che pratica, va precisato), più da lungimirante ideologo metapolitico, si potrebbe dire. Ed è stato e resta, tutto ciò, un suo gran merito.
Uomo ostacolato, vituperato come pochi nel lungo dopoguerra italiano, Rauti ebbe grandi intuizioni, pur rimanendo fedele sempre (non aderì a Fiuggi, appunto, ad Alleanza Nazionale) agli assunti socializzatori della RSI, dove aveva giovanissimo combattuto, ancorato allo spiritualismo del tradizionalismo integrale e al mito dell’Europa Nazione. Basti rileggere le pagine de Le idee che mossero il mondo e della Storia del Fascismo (scritta a due mani con Rutilio Sermonti) per comprendere appieno la qualità, il rigore e l’ampiezza delle idee, delle tesi e delle prospettive elaborate da Rauti.
Altro grande suo merito fu quello di avere evidenziato il male insito nella globalizzazione e i rischi del postcomunismo reale dopo il 1989. Antiabortista radicale, condusse sempre una bella battaglia per la vita e per l’ambiente.
A Rauti si deve la crescita del vivaio a lui vicino, ricco di intelligenze che, dapprima con l’ambiente e con la rivista “Ordine Nuovo” e poi con le riviste “Civiltà” e “Linea”, avevano come centro la sede di via degli Scipioni. Qui erano il centro studi e la libreria che furono per me un santuario di idee cui attingere a Roma, dove mi recavo regolarmente negli anni Settanta e dove incontrai, oltre a Rauti, già dal 1970, Amici poi incancellabili, che furono protagonisti e suscitarono una ricca e controversa stagione culturale e ideale: Paolo Andriani (che volle il mio ingresso nella neonata Fondazione Julius Evola dopo la morte del maestro), Giulio Maceratini, Rutilio Sermonti, Adriano Romualdi, Mario Trubiano, Leo Valeriano, Gianfranco de Turris, Gennaro Malgieri, Sergio Bonifazi. Fu poi la diaspora, che ancora segna la Destra italiana.
Naturalmente ho tanti ricordi e sono grato a Rauti per avere imposto (poiché all’inizio ero riluttante ma, dopo che il segretario provinciale di allora, Ettore Maltese, mi disse che era un ordine del Segretario nazionale, accettai) il mio nome quale capolista del MSI, alle elezioni provinciali del 1990, dove fui eletto con molti suffragi e primo, con ampio distacco nel mio collegio, da cui prese avvio e si sviluppò, poi, la mia attività nelle Istituzioni locali che, con tanti fervidi e operosi anni di governo provinciale e comunale, molti ancora ricordano, fortunatamente.
A Rauti mi legarono battaglie e visioni etico-politiche (perché l’uomo Rauti aveva una straordinaria dirittura morale). Debbo a lui, prima, la mia valorizzazione nell’ambito della sua corrente “Andare Oltre” e poi, nel breve e non fortunato periodo della sua Segreteria, la cittadinanza data alle tesi di un tradizionalismo popolare cattolico e imperiale (come potrei dimenticare di questa stagione tradizionalpopolare, ancora peraltro attiva, i nomi che condivisero quella temperie ideale: Pino Tosca, Piero vassallo, Don Giuseppe Pace, Isabella Rauti, Pierfranco Bruni, Ulderico Nisticò, Triestina Maltese Rao, Franco Licata, Aristide mettler, Sergio Boschiero, Giombattista Xiumè, Aldo Di Lello, G.B. Oddo Ancona, Silvano Moffa e tanti altri). Inoltre gli sono riconoscente per il ruolo che volle affidarmi quale componente della Commissione Centrale di Disciplina e poi del Comitato Centrale del partito, nonché di Responsabile nazionale del Dipartimento Etica Sociale e, ancora, di Dirigente del Settore Mezzogiorno e di quello della Difesa dei Valori Cattolici, con Publio Fiori (a cui fui vicino in AN) e Riccardo Pedrizzi.
Di Rauti pubblicai un testo, “Andare Oltre”: le sue tesi espresse al Congresso di Sorrento del 1987. Rauti non mancò mai d’interessarsi (anche e perfino con Ordini del giorno e interpellanze parlamentari, nei cui Atti, per la prima volta e grazie a lui, comparve il mio nome) a sostegno delle iniziative di Thule, alle riviste che esprimevamo in quel periodo (“Terra di Thule”, “Traditio” e “La Quercia”) l’attiva e intelligente partecipazione ai Convegni.
Apparentemente distaccato nei modi, Rauti (che era stato ottimo giornalista a “Il Tempo” di Roma) era dotato di grande intuito e profondità come intellettuale, ricco di passioni forti e senso dell’onore. Sapeva individuare le scelte strategiche e metapolitiche (specie in campo delle istituzioni europee, al Consiglio d’Europa, dove molto e bene operò), pur comprendendo la necessità di mediazioni (come avvenne, peraltro, al Congresso del 1990 di Rimini, con una maggioranza variegata che lo incoronò segretario al temporaneo posto di Fini).
Molti libri, articoli, atti parlamentari, intuizioni e analisi restano di Rauti ancora da vagliare attentamente, tanto da essere stato definito il “Gramsci di destra”, a testimonianza di una vita in trincea, permeata da un pensiero forte e con la testimonianza di idee e valori fuori dal coro.
Per tanti versi, le sue furono idee anticipatrici (forse troppo) di scenari nuovi di cui fu intellettualmente, politicamente, generosamente prodigo.
Ha certamente meritato l’intestazione di una strada nella città natale.
 
 

nella foto da sinistra:  Tommaso Romano, Guido Virzì, Pino Rauti

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