Profili da Medaglia/27 - "Carmelo Ottaviano" di Tommaso Romano

Nacque a Modica nel 1906, morì a Terni nel 1980.
Filosofo di molti interessi, anche sul versante del pensiero politico, si dichiarò apertamente un antimoderno, avendo impostato coerentemente la propria testimonianza e l’elaborazione di una personale visione e teoresi contro l’immanentismo e, soprattutto, contro l’Idealismo.
Cattolico, Ottaviano, allora professore di Liceo, fondò e diresse per quarant’anni la rivista “Sophia”, aperta, come scrisse, «a tutti gli studiosi che amano la verità e non la setta». Il suo venerato Maestro fu Francesco Orestano di Alia, di cui ebbe a darne descrizione come di «uno dei più grandi filosofi che l’Italia abbia avuto». Gli dedicherà una monografia sul pensiero filosofico nel 1933. Io ho avuto l’onore di pubblicare un inedito di Orestano sul Concordato, curato dal compianto amico padre Privitera. La “dittatura” Idealista, durata mezzo secolo del Novecento italiano, non risparmiò Ottaviano, che subì ostracismi e perfino, come scrisse un suo esegeta (Pasquale Mazzarella, nel saggio Tra finito e infinito. Saggio sul pensiero di Carmelo Ottaviano, CEDAM, Padova, 1961), la «cacciata dall’Università partenopea per volontà di Benedetto Croce e di Adolfo Omodeo».
Ottaviano, critico di Cartesio, contrappose alle dottrine dell’Idealismo, a cominciare dall’Ottocento alemanno ed hegeliano e fino all’Attualismo, l’autentica e verace Tradizione italiana, opponendosi al deismo e al neopaganesimo con la “vera filosofia”, pensosa del trascendente, nella centralità del cristianesimo. Nel 1929 scrisse la Metafisica del concreto: saggi di una apologetica del cattolicesimo. In “Sophia” pubblicò il nodale testo Antimoderno (n. 3, 1939). Si è riparlato a lungo di “Sophia” recentemente, grazie ad un volume collettaneo curato, sempre con grande acume, da Piero Di Giovanni.
Tuttavia, il filosofo modicano non rifiutò a priori il confronto sia con la scienza, che, anzi, positivamente valutò come il vettore della conoscenza autentica del reale, sia con le stesse filosofie del suo tempo. Il suo presupposto fu il «negare tutto quel processo del pensiero moderno che aveva portato al trionfo dell’immanentismo, in una lotta senza quartiere» (Francesco Coniglione), con il preciso programma, realmente perseguito, di fondare una metafisica su basi nuove. Scrisse nel 1936 la sua Critica dell’Idealismo, in cui sviluppò il suo pensiero originale nella difesa del realismo, del metodo scientifico e della razionalità, di contro criticando irrazionalismo, nichilismo, relativismo e solipsismo. Ottaviano, quindi, attribuendo la responsabilità del tramonto della nostra civiltà al materialismo monistico, alle dottrine e teorie immanentistiche e ideologistiche della divinizzazione dell’uomo, da cui derivano le idee del super-uomo, della razza e della volontà di potenza, nonché quelle dello Storicismo assoluto, sua diretta conseguenza, così scrisse: «Spenta la luce di ogni trascendenza e identificato il fatto con il diritto, l’essere con il dover essere, mette nello stesso livello bene e male, giusto e ingiusto, falso e vero, e trova una giustificazione ad ogni atrocità per il solo fatto che essa è compresa nel corso storico degli eventi».
Alla fine della parabola del Neoidealismo italiano, Ottaviano nel 1954 ebbe a scrivere: «Con la morte di Benedetto Croce, nonché di Giovanni Gentile, si è chiuso il periodo d’involuzione del pensiero speculativo italiano e, forse, anche della decadenza morale in cui l’Italia è incorsa dal 1900 circa ad oggi. È sperabile che gli italiani, invece di continuare a ripetere pappagallescamente Hegel o Kant, Hume o Cartesio, ricomincino a pensare con la propria testa. Ripetere agli altri è cosa facile a chiunque; accumulare tesi negative su tesi negative è ancora più facile; pensare con la propria testa, costruendo, è invece difficile».
Ottaviano, inoltre, ritenne prioritaria la logica sulla matematica, interpretata come vera scienza della quantità, e oppose all’enciclopedismo l’autentica vocazione della scienza che, formulando leggi universali e necessarie, mostra così il loro carattere filosofico, condividendo entrambe il medesimo rigore razionale e logico; per cui, da questo punto di vista, sono entrambe vettori di autentica conoscenza.
Notevole fu la sua battaglia condotta agli “scienziati atomici” e contro la teoria della relatività di Einstein, sostenendo piuttosto la teoria “cosmo-gravitazionale” di Quirino Majorana, esposta nel 1953 proprio su “Sophia”.
Nella Metafisica dell’essere parziale (1941) e ne La Tragicità del reale, ovvero la malinconia delle cose (1964), Ottaviano disegna e completa la sua filosofia, che trova un valido fondamento nell’esperienza e nel concetto originale di metafisica, di «“essere parziale” iscritto sul suo realismo oggettivista, per l’affermazione della trascendenza in chiave cristiana, avvertendo e proponendo la forte esigenza di un rigore logico che pone come irrinunciabile “completamento” la metafisica, le cui nozioni cardine – come spazio, tempo e movimento – convergono con le proprie ipotesi fisiche, in quanto, l’indagine fisica è basata sulla misura e può descriverci il comportamento delle cosiddette tre entità, ma non sarà pertanto l’Individuo».
Per Ottaviano, a sovvertire l’“ingenuo” volere di incolti e incompetenti, che si convincono di essere uguali o superiori, serve una fase critica in grado di instaurare una società selettiva, progressiva e corporativa, che abbia a cuore i diritti della minoranza e, quindi, predisponga strumenti idonei per evitare la dittatura della maggioranza. Tocca all’individuo formare la civiltà, con epicentro non il dominio materiale del mondo, ma il suo dominio spirituale, elevando se stessi e gli altri per una società strutturata nell’ordine e nella giustizia sociale, nonché in quella che definirà La legge della bellezza come legge universale della natura. Considerazioni teoriche e applicazioni pratiche, titolo del suo ultimo libro organico, edito a Padova nel 1970. Numerosi sono, inoltre, gli scritti di Ottaviano di storiografia filosofica, che abbracciano tutte le vicende del pensiero filosofico occidentale.
La condanna di ordine morale di Ottaviano nei confronti della filosofia moderna, giustamente giudicata intrinsecamente immanentista e atea, gli farà scrivere così risolutivamente nel suo saggio Antimoderno: «Essa quindi non coinvolge sic et sempliciter i problemi di natura speculativa e teoretica, da cui la filosofia moderna stessa è nata, che erano rimasti o ignoti o trascurati dalle età recenti: sono le soluzioni date a questi problemi, non i problemi stessi, che vengono qui revocati in dubbio e posti al bando. [...] Da quando Cartesio ricercò nel soggetto, e non più nell’oggetto, il criterio della verità, spostandone la base naturale; da quando il Protestantesimo con la funesta dottrina del libero esame scosse le basi dell’autorità religiosa; da quando il fatale spirito dell’Enciclopedia nel suo pazzo antistoricismo negò il valore della tradizione e pretese distruggere il cristianesimo senza sostituirgli altro che il vano idolo di una ragione priva di limiti; da quando I. Kant pretese edificare la metafisica sulla morale, distruggendo l’una e l’altra; da quando la Rivoluzione Francese, esagerando la portata dei diritti dell’individuo, lasciò libero campo a ogni sfrenato egoismo nell’accaparramento delle ricchezze; da quando il naturalismo di Rousseau eguagliò tutti gli uomini negando la disparità di meriti e la realtà delle deficienze etiche; da quando il Romanticismo, con il suo storicismo, finì per negare le stesse deficienze intellettuali e per eguagliare i vere sapientes, i sapientes corde et intellectu con gli eruditi: da allora il destino della speculazione moderna fu segnato. Ci permette di penetrare nella loro natura profonda o nel loro perché, il che è possibile solo dalla metafisica». Ottaviano si occupò anche di pedagogia e di nodali questioni legate alla vita scolastica. Fu un implacabile critico della contestazione del 1968 (era diventato, intanto, professore ordinario all’Istituto Universitario di Magistero di Catania), difese il valore della scuola statale, anche in polemica con Sturzo ed Einaudi (che pure ne scrissero su “Sophia”, rispettivamente nel 1948 e 1949) e con le stesse gerarchie ecclesiastiche, accusate dal filosofo modicano di avidità, «pur di ottenere il piatto di lenticchie del finanziamento pubblico». Criticò la riforma dell’istruzione, sostenendo invece un’educazione autenticamente e qualitativamente morale e religiosa. Sul piano politico Ottaviano non mostrò soverchi pentimenti per la sua esperienza durante il Fascismo, ma rimarcò come assolutamente fatale e negativo il razzismo; anzi, negli anni Settanta, sosterrà le ragioni del suo pensiero sotto forma di proposte teoriche rivolte alla Destra Nazionale. In tal senso e in quei frangenti lo incontrai per voler divulgare le sue tesi, esposte pure sul periodico catanese “13 maggio”. Si trattò di un incontro intenso, ricco e dialetticamente assai stimolante. Purtroppo, ad Ottaviano, Almirante preferì Armando Plebe. E fu un errore assai grave che la Destra pagò nel tempo.
Ottaviano – va a tal proposito ricordato – s’impegnò molto nel secondo dopoguerra contro il comunismo e le teorie marxiste, fondando una nuova disciplina denominata Prassiologia, che stava a indicare la teoria dell’azione efficiente: «dottrina [...] che abbraccia la politica e la dottrina della storia, [...] capace di costituire, insieme all’etica, il fondamento filosofico per la sociologia, la filosofia, il diritto e l’economia politica». Di conseguenza, propose il superamento di capitalismo e comunismo con la teoria della proprietà per tutti, esposta in un volume del 1968 edito dalla CEDAM (poi ripresa dalle più note teorie di Giacinto Auriti sulla “proprietà di popolo”) e che ha, come sfondo ispirativo, la Dottrina Sociale Cristiana e l’idea di una corretta limitazione della proprietà individuale, definita “limitatismo”, a favore di una giustizia sociale autentica.
Ottaviano predilesse inoltre una concezione comunitaria meritocratica e qualitativa su base corporativa. Per sostenere l’ineguaglianza ripropose il platonico governo dei migliori, contro la dittatura, anche elettorale, delle masse e delle maggioranze quantitative, ritenute soventi cieche e soggiogate dalla demagogia.
Definirlo un anticipatore è poco. Fu un vero profeta di tempi assai calamitosi come quelli che viviamo.
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