"Demetra e Maria: divinità pre-cristiane e Santi nei riti di guarigione della medicina popolare" di Leonarda Brancato

E’ noto che già nella preistoria l’uomo, mosso dall’istinto e dalla volontà di sopravvivere al sonno eterno della morte, si inventò un’anima o uno spirito che continuasse a perdurare dopo la morte  del corpo. Già in quelle arcaiche società, proprio per rispondere al bisogno individuale di entrare in contatto con le entità spirituali o divinità ed invocare ad esse la salute del corpo e la protezione contro gli spiriti maligni, era presente la figura dello sciamano, colui che allontana gli esseri ritenuti responsabili di una  malattia e che guarisce le infermità con riti propiziatori e la somministrazione di erbe medicinali o sostanze allucinogene, con gesti ipnotici e riti di purificazione. Nell’antica Grecia, erano  gli dei ad essere invocati per ottenere protezione e prosperità: la  dea Demetra, consideraà e chiamata a proteggere le gestanti durante il parto, era anche supplicata dagli uomini nelle sofferenze e per ottenere le guarigioni dei bambini.

Il legame tra Demetra e le guarigioni, è testimoniato da numerosi ex-voto, consistenti in riproduzioni del corpo umano, rinvenuti nei vari santuari e offerte alla dea per ottenere il risanamento fisico o per ringraziare della guarigione avvenuta. La figura di Demetra guaritrice, nutrice, conoscitrice di erbe e rimedi erboristici e di scongiuri contro i malefici, oltre che dalle rappresentazioni di immagini artistiche della dea con fiori o con capocchie di papavero, viene tramandata dalla letteratura Omerica e dalle pagine dedicate alla Dea  nei “Fasti” di Ovidio. Al suo arrivo ad Eleusi, Demetra somministra una bevanda a base di papavero al fanciullo Trittolemo ammalato, e compie un rituale magico e segreto attraverso l’utilizzo di formule e scongiuri. 

Il papavero del mito demetriaco è quindi rimedio erboristico contro l’insonnia e il dolore. Fino a non molto tempo fa nell’area salentina di quella che fu un tempo la Magna Grecia, il  decotto di fiori di papavero chiamato “papagna”, con l’aggiunta di camomilla o latte, veniva ancora somministrato dalle guaritrici ai bambini per favorire la quiete e il sonno o durante il cosiddetto rito della “sfascinazione”.

Con l’avvento del cristianesimo, la nascente chiesa riadattò riti e miti radicati da secoli. L’accostamento tra la Madonna e Demetra o Cerere, fu spontaneo e immediato: Demetra e Maria erano accomunate dallo stesso dolore materno provato dall’una per il rapimento della figlia e dall’altra per la crocifissione del figlio.  

Anche i guaritori della nostra tradizione popolare siciliana, comunemente chiamati “duttura sarvaggi", “ciarmavervi”, “ciarauli”, etc.., sembrano ereditare numerosi elementi del mito demetriaco rivolti alla cura delle persone ammalate o colpiti da malefici. Essi, come Demetra,  durante i riti di guarigione somministrano rimedi erboristici e ripetono per 3 giorni o per tre volte gesti simbolici, recitando invocazioni segrete finalizzate alla guarigione di numerosi disturbi fisici quali ad esempio i colpi di calore, le slogature, il fuoco di Sant’Antonio, i vermi intestinali, l’ittero, e altre malattie più o meno gravi.   

Il guaritore, ancora oggi in molti paesi della Sicilia, viene interpellato soprattutto per curare “u scantu” (lo spavento) soprattutto quando ad esserne colpiti sono i bambini. Il termine “scantu” che oltre ad essere usato per definire la malattia, cioè l’insieme dei disturbi manifestati da coloro che hanno preso uno spavento causato da un rumore improvviso, da una caduta, da un incidente o anche quando si assiste ad un evento spiacevole, viene usato anche per definire il rito stesso di guarigione. La persona colpita da scantu accusa diversi malesseri fisici quali inappetenza, mal di testa, sonnolenza, mal di pancia, febbre e nausea ed è solo tramite l’intervento di un operatore magico che si può ottenere la guarigione. Durante i rituali, i duttura sarvaggi somministrano erbe da sempre usate nell’ambito della medicina tradizionale quali parietaria, limone, camomilla, ruta, aglio e olio di oliva e praticano  gesti magico-simbolici come ad esempio il  segno della croce fatto sulla parte malata da risanare. Ma il momento operativo determinante della cura avviene tramite la preghiera che è  la richiesta di intervento agli esseri spirituali: nei rimedi popolari, il richiamo al soprannaturale è costantemente presente e non ha una funzione accessoria, bensì essenziale per la guarigione. Anche nel caso di uno scantu, quindi, l’invocazione con la quale si richiede di sconfiggere la malattia ad un Santo o alla Madonna, recitata con parole appena percettibili o addirittura in maniera silenziosa dal guaritore, è l’aspetto primario della cura: non si deve tralasciare nulla e ogni parola e riferimento devono essere formulati nella giusta sequenza.

Una delle preghiere recitate dai guaritori per il risanamento di uno scantu è composta dalla nota litania dei giorni santi, durante i quali si rievoca la passione di Cristo durante la settimana che precede la Pasqua, e nella parte conclusiva, da un’invocazione alla Vergine del Rosario venerata presso il Santuario di Tagliavia:

 

Lunniri è santu

Martiti è santu

Merculi è santu

Ioviri è santu

Venniri è santu

Sabatu è santu

La duminica di Pasqua

Stu vermi n’terra casca

La Vergini Santa ri la Tagghiavia

Avi a tagghiari stu mali a la pirsuna mia

 

Nessuno sa dire con certezza quale sia il legame tra gli operatori di guarigioni e la Madonna di Tagliavia. Probabilmente è il riferimento al modo di dire dialettale “tagghiari u scantu” o forse perché era assai diffusa la popolarità delle guarigioni miracolose  avvenute per Sua intercessione. Fino al secolo scorso, molti devoti professavano verso di Essa una particolare venerazione tanto da compiere annualmente dei pellegrinaggi presso il Santuario presso il quale è venerata l’immagine della Beata Vergine del Rosario, situato nelle campagne di Corleone, per invocare il recupero della salute o per ottenere una grazia in generale. Celebrata solennemente il giorno dell’Ascensione, la festa in onore della Madonna di Tagliavia è considerata la festa dell’abbondanza ma anche l’espressione del ringraziamento alla Madonna per il raccolto agricolo. Ai fedeli vengono distribuiti olive, vino, confetti e i caratteristici cucciddati, piccoli pani di forma circolare intagliati sulla parte superiore così da ricordare il solco prodotto dall’aratro. I pani, cosparsi di semi di sesamo e di papavero, conferiscono alla festa una chiara finalità propiziatoria: in essi rivive il mito di Proserpina rapita da Ade e di Demetra, dea del pane, madre disperata che soltanto al ritorno della figlia dagli Inferi rende di nuovo fertile la Terra e cosparge i campi di spighe di grano e di quei fiori di papavero  da essa somministrati a Trittolemo per fini terapeutici.       

Atti di devozione che si ripetono nella storia proprio come si ripetono ancora oggi i riti di guarigione. Demetra come Maria, dispensatrici di grazie e benessere. Due figure femminili accomunate dalla sofferenza ma anche dalla stessa benevolenza quando esse vengono invocate per risanare i mali che affliggono il genere umano.

(Foto: Paolo Veneziano – Madonna con il papavero, 1325 c.a., pittura su tavola – Venezia Chiesa di San Pantalon)

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