“«La barba di Darwin» dietro la condanna a morte di Alfie Evans” di Domenico Bonvegna

Da qualche giorno i media nazionali e internazionali si stanno occupando della vicenda di Alfie Evans, il bambino inglese affetto da una malattia incurabile, per questo i medici dell'Alder Hey Hospital di Liverpool, vogliono «staccargli la spina» negandogli l'alimentazione e la respirazione artificiale. Caso o non caso, Alfie è una persona, un bambino, un figlio di genitori che bisogna rispettare sempre e comunque, a maggior ragione se è nelle sue condizioni.
Com'era prevedibile il caso Alfie ha scatenato discussioni abbastanza animate, addirittura i favorevoli alla sua soppressione, forse non sapendo a cosa attaccarsi, sostengono che non è corretto strumentalizzare la vicenda.
Non si preoccupa affatto del rischio strumentalizzazione il vescovo emerito di Ferrara-Comacchio, monsignor Luigi Negri. In un articolo su La Nuova Bussola Quotidiana, giornale online, scrive: «Il nostro pensiero va con profondo affetto ad Alfie, per la straordinaria battaglia che sta compiendo per mantenere intatta la propria vita. Ma anche alle migliaia e migliaia di persone che in Inghilterra e molti altri paesi del mondo, inclusa l'Italia, hanno dato luogo a manifestazioni che segnassero visibilmente la vicinanza del popolo a questo piccolo figlio del popolo che deve morire perché la sua immagine di vita non corrisponde all’immagine di vita dominante». (Luigi Negri, Il caso Evans. Alfie, uno scontro fra antropologie, 25.4.18, LaNuovaBq.it)
E più avanti il vescovo chiarisce che  «questa grande esperienza di popolo individua anche gli orrendi colpevoli di questa vicenda. Questa eugenetica che sostanzialmente non ha nulla da invidiare all’eugenetica nazista, sembra costituirne una sua prosecuzione, incredibile dati i tempi in cui viviamo». Inoltre afferma monsignor Negri, «Ormai la questione è aperta, la questione che San Giovanni Paolo II vide ed insegnò con grande chiarezza. Si confrontano due antropologie nel mondo. Da una parte una assolutamente strapotente: l’antropologia dell’uomo padrone di se stesso e che cerca di esercitare il suo dominio sulla realtà. Dall’altra l’antropologia di un uomo aperto al mistero, che cerca nel cammino verso il Mistero di realizzare pienamente la propria umanità». (Ibidem)
E a proposito degli orrendi colpevoli, a cui fa riferimento il vescovo, senza ombra di dubbio, oltre ai medici di Liverpool, e ai giudici che stanno applicando l'eutanasia al povero bimbo inglese, è colpevole quella cultura di morte, di cui parlava spesso san Giovanni Paolo II. A proposito di quella cultura, molto ha di dire l'ideologia darwinista. Proprio in questi giorni sto leggendo un interessante saggio di Rosa Alberoni, «Il Dio di Michelangelo e la barba di Darwin», Rizzoli (2007). la giornalista, sociologa, autrice di numerosi saggi sostiene che Charles Darwin, il Profeta della selezione naturale, dell'evoluzionismo, quello che ha generato la teoria che l'uomo discende dalla scimmia, proprio lui, è il padre dell'eugenetica, e quindi dell'eutanasia.
In particolare sono stati i suoi apostoli come Thomas Huxley, che comprende che non basta cacciare Dio dalla Creazione, occorre screditare la sua creatura prediletta: l'uomo. «L'evoluzionismo darwinista, che assegna all'uomo la scimmia come antenato, serve per cominciare a deturpare la sua dignità di essere fatto ad immagine e somiglianza di Dio. E poi, per poterlo parificare alla scimmia, occorre avviare un processo di impollinazione delle menti con parole nuove, e parole manipolate, o dislocate, o sostituite o usate come metafora». Tra le metafore che gli apostoli di Darwin, hanno inventato, c'è l'espressione che «l'uomo è un animale sociale». Così sostituire «essere», con la parola «animale», non è solo questione di poco conto. Tuttavia a poco poco, lentamente e gradualmente, il processo di parificazione dell'uomo con l'animale, si va consolidando. Le nuove parole entrano nel linguaggio abituale fino a «profanare la dignità umana», pertanto, il nuovo linguaggio, porta le generazioni, che si alternano nel corso della storia, «ad auto-affossarsi in modo involontario, ad auto-spogliarsi della propria unicità di creatura voluta da Dio - secondo la sua immagine - e di affiancarsi al soffice vello dello scimpanzè, non sapendo il male che si fanno».
Praticamente Darwin ha compiuto un'operazione incisiva, Lanciando lo slogan: «l'uomo proviene dalla scimmia, colpisce l'immaginario collettivo più di quanto faccia Marx con la promessa del paradiso Terrestre da realizzare sulla terra con il comunismo». Ben presto lo slogan prende piede, semina dubbi, e diventa un Totem, cioè l'antenato dell'umanità. «L'icona dello scimmione che si gratta la testa, lentamente avrebbe tentato di rimpiazzare quella della stella di Davide e del crocifisso». E così secondo Rosa Alberoni, «Il Totem nascosto fra le pagine dei libri di testo, adottati nelle scuole di tutte le nazioni appartenenti alla civiltà ebraico-cristiana, si sarebbe installato giorno dopo giorno nelle menti delle generazioni del XX secolo, con il beneplacito dei genitori, troppo occupati ad inseguire il progresso scientifico e il benessere per comprenderne le conseguenze».
La scrittrice milanese in una presentazione del suo libro, ha aggiunto «Considero molto dannosa la diffusione della ‘darwinolatria’ nelle scuole. Stanno cancellando lo stupore della Creazione dalla mente dei nostri figli, gli stanno insegnando che il nostro antenato è un animale peloso, che siamo solo materia frutto del caso, e che per legge di natura i deboli sono destinati a perire, perché solo più forti sopravvivranno nella lotta per l’esistenza».
Tuttavia la Alberoni, ci tiene a precisare che tra lo scimpanzé propostoci da Darwin come antenato e Dio padre, come ci ha rivelato Cristo, preferisce Dio.
A continuare l'opera di apostolato, agli inizi del Novecento, ci hanno pensato i figli di Thomas: Julian e Aldous Huxeley. Julian, fonda la Società Eugenetica Britannica e dopo la seconda guerra mondiale diviene il primo presidente dell'Unesco. Attraverso questa carica, Julian, approfitta per propagandare con più efficacia le idee darwiniste, fra cui l'eutanasia e la «sterilizzazione di certe classi di genti anormali o deficienti». Il fratello Aldous,è più estremo, propone l'eliminazione dei personaggi pericolosi, ed «in primis, «l'astenico cristianizzato, succube di una morale eccessivamente rigida». Inoltre, si occupa, di controllare l'aumento della popolazione, «in quanto uno dei pilastri della teoria darwinista, la selezione naturale, cominciava a traballare, grazie al progresso della medicina». Questo progresso, secondo Aldous Huxley, poteva essere pericoloso, perchè se da un lato aumentava il numero degli esseri umani, dall'altro, abbassava le loro qualità o le opportunità per godere della vita.
Scrive a questo proposito, Rosa Alberoni: «C'è da supporre che Aldous Huxley abbia esultato, quando è venuto a conoscenza che Stalin ed Hitler avevano provveduto a sfoltire la popolazione dell'Europa, usando i gulag e i forni crematori. Il mulino dell'evoluzione era sempre all'opera! Che poi la selezione non fosse naturale, come aveva profetato Darwin, ma ideologica, cioè artificiale, poco importava all'apostolo».
Infatti Darwin aveva la preoccupazione che la sua teoria sulla selezione naturale, non avvenisse come lui l'aveva teorizzata, a questo proposito scrive: «Noi uomini civili cerchiamo con ogni mezzo di ostacolare il processo di eliminazione; costruiamo ricoveri per incapaci, per gli storpi e per i malati; facciamo leggi per i poveri: e i nostri medici usano la loro massima abilità per salvare la vita di chiunque fino all'ultimo momento».
Pertanto secondo il profeta dell'evoluzione, ammette che la vaccinazione ha salvato migliaia di persone, però in questo modo anche «i membri deboli delle società civili si riproducono. Chiunque si sia interessato dell'allevamento di animali domestici non dubiterà che questo sia molto dannoso alla razza umana».
La Alberoni nel suo libro evidenzia il cinico marcato razzismo del signor Darwin, e lui stesso, «più che ad un essere umano, assomiglia ad una scimmia, che, come tutti gli animali, si preoccupa soltanto dei propri cuccioli, ed è totalmente indifferente alla sorte dei piccoli di un'altra specie».
Darwin che aveva sofferto tanto per la morte della figlia Annie, «gradirebbe, per gli altri, che si mettesse in atto, magari con l'avvallo degli Stati, la selezione programmata, eliminando i poveri, i fragili, gli ammalati e i malriusciti». Inoltre Darwin chiarisce che «la medicina rende un cattivo servizio all'umanità, facendo sopravvivere anche i gracili, mentre secondo la sua teoria dovrebbero scomparire, così eviterebbero di procreare figli gracili, quindi inadatti alla lotta per l'esistenza. E visto che i medici aiutano i malfermi di salute a sopravvivere. Darwin si rassegna all'idea di dover 'sopportare gli effetti indubbiamente deleteri della sopravvivenza dei deboli e della propagazione della loro stirpe».
Infine l'Alberoni fa riferimento all'altro apostolo e seguace di Darwin, il vero fondatore dell'eugenetica, Francis Galton, colui che fonda la scienza della buona stirpe, della buona razza. L'Eugenetica è «la scienza della selezione, dell'annientamento dei poveri, i gracili, i sordi, ciechi, muti, pazzi, i malformati, di tutti coloro che ostacolano la selezione partorita dal pensiero di Darwin, che deve cernere i più potenti fisicamente e mentalmente, per ottenere una razza di uomini vigorosi e sicuri di sé, i vincenti, gli adatti alla lotta per l'esistenza, e al dominio».
Comunque sia Darwin con il suo comportamento e le sue opere, ha fornito ai suoi successori un'ideologia che si nutre di cinismo, spregiudicatezza, opportunismo, manipolazione linguistica e menzogna, tutte caratteristiche consuete di Darwin. Peraltro nella sua Autobiografia egli confessa di essere «portatore a inventare coscienti bugie, e sempre allo scopo di provocare movimento», e addirittura riconosce che «la menzogna è una delle qualità che gli hanno consentito di  avere 'successo come scienziato'».
Nel libro la scrittrice è convinta che gli adoratori di Darwin minano non solo la religione, ma anche la civiltà cristiana e questo lo fanno con l'astuzia, con la manipolazione delle menti. Praticamente i darwinisti « non negano apertamente i valori cristiani, i cardini della nostra civiltà, ma li svuotano dell’autentico significato. Per esempio: non hanno il coraggio di affermare apertamente che il non uccidere, il non rubare, non dichiarare il falso, non commettere atti impuri, come lo stupro e la pedofilia o il tabù dell’incesto sono valori eterni voluti dalla saggezza umana e da Dio. Non dicono: abbandona i valori della tradizione ebraico-cristiana e segui i nostri, che calzano meglio al tuo essere il padrone della vita. Dicono: segui la tua idea, il tuo volere, i tuoi desideri, sii libero di scegliere, di agire come vuoi, e di cambiare idea e valori quando ti pare. Solo gli ottusi non cambiano idea. Le persone intelligenti sì. In sostanza, se sei intelligente, segui il tuo Io, il tuo volere individuale e le tue voglie».
Praticamente questi seguaci di Darwin hanno inventato la darwinolatria, la figlia della malapianta cartesiana, la chiama Alberoni. Il saggio, sviluppa questo tema nel terzo capitolo. Qui la Alberoni, individua un collante ideologico tra il giacobinismo, il marxismo comunista, il nazismo e infine il darwinismo. Il testo sottolinea la comune lotta di Darwin e Marx, entrambi vogliono la distruzione della religione ebraico-cristiana. «Marx ammira Darwin soprattutto perché lo scienziato è riuscito ad assestare un colpo mortale a Dio. Darwin continuerà nella distruzione dell'opera di Dio, la Creazione». Per fare questo sceglie una strada meno visibile rispetto a Marx. Non coinvolge subito le masse, promettendo paradisi in terra.
I darwinolatri, « non lo dicono, però contrappongono ai valori della civiltà cristiana i comandamenti dell’ateismo, assemblati sotto il mito della modernità». Pertanto se non accetti questi valori nuovi, sei un anti-moderno. In sostanza i «darwinolatri si prodigano per cancellare i valori della civiltà cristiana». Per questo per la scrittrice si potrà affermare che, «la darwinolatria sia l’oppio del terzo millennio, e ci porterà nella giungla, nel regno degli animali, dove vige una sola legge: il più forte divora il più debole, è la legge della sopravvivenza inscritta nell’istinto degli animali».
Per completare, il libro della scrittrice milanese nella prima parte si occupa dell'opera più celebre di Michelangelo Buonarroti, la Cappella Sistina, che diventa lo scenario ideale per affrontare il tema della Creazione.
La sua esegesi della Cappella Sistina è stupefacente per ricchezza dei dettagli storici, artistici, emozionali, sociologici e religiosi. Leggendola ho capito che bisognava avere tra le mani una guida artistica per guardare gli affreschi delle pareti, della volta stupenda del Giudizio universale. In una intervista Rosa Alberoni afferma che «il genio di Michelangelo ha intuito il dono che Dio ha fatto all’uomo ed anche il progetto che Dio ha per l’uomo. Non a caso Cristo è venuto in mezzo a noi, si è fatto uomo per parlarci, per rivelarci che sul pianeta siamo tutti fratelli, e che il nostro Padre celeste non ci abbandona. Anzi, ci attende in fondo alla via, al termine del nostro pellegrinaggio terrestre, per chiederci conto di cosa ne abbiamo fatto del libero arbitrio che ci ha dato in patrimonio, come abbiamo speso i nostri talenti. Il Dio di Michelangelo è un Dio d’amore ma anche di giustizia, come ci mostra nell’affresco del Giudizio Universale».
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