Elogio della Regalità

di Franco Maestrelli

 

La nostra cultura è impregnata del concetto di regalità in ogni suo aspetto malgrado il trionfo ormai secolare di repubbliche. Impariamo ad apprendere la regalità fin dall’infanzia: pensiamo alle favole che narriamo ai nostri bambini e vediamo subito che la costante, oltre al “c’era una volta” è la presenza del Re e della Regina. Possono essere Re e Regine malvagie o benefiche ma il riferimento è sempre alla Regalità. Più tardi apprendendo i fondamenti della religione cattolica nelle pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento troviamo ancora Re e Regine quali simboli del Re dei Cieli. Scorrendo le pagine dei libri di storia ci imbattiamo nelle figure di grandi Re e Regine che hanno costruito grandi civiltà. Eppure la storia è stata spesso attraversata da ribellioni contro il potere regale e da istituzioni di forme costituzionali diverse ma di esse rimane ben esile traccia. Anche quando nella società occidentale le Monarchie furono sostituite dalle forme repubblicane il popolo continua a cercare nei rotocalchi e nei programmi televisivi le vicende delle famiglie reali. Permane nel linguaggio corrente l’uso di termini che afferiscono alla regalità con significato di trattamento di lusso e bellezza e, di contro, nella vulgata il termine repubblica esprime sempre confusione, disordine. Tutto questo deve avere un senso che va ben oltre all’inerzia e all’abitudine. Tutti sentono la necessità di riconoscere una gerarchia certa, con salde radici che non sia sottoposta all’alea della fortuna e del censo. Chi meglio di un Re che radica il proprio potere nella storia di una famiglia antica, nella quale ha appreso un’educazione a governare non solo da istitutori ma semplicemente vivendo accanto ai propri avi, vivi o morti, camminando nelle stanze piene di memorie di una storia non appresa dai libri. Certamente la storia ha conosciuto anche usurpatori che si sono posti una corona sul capo ma in genere il destino della loro dinastia è stato di breve durata. Certamente la storia ha conosciuto figli di Re che non sono stati all’altezza degli avi ma queste sono effimere eccezioni all’interno di secolari dinastie. Un figlio di Re potrà magari rivelarsi talvolta un pusillanime e un debole e occupare indegnamente un Trono ma la storia e la reputazione in mezzo al suo popolo faranno giustizia mentre un debole e un pusillanime potrà essere facilitato a ricoprire la più alta carica democratica perché sarà la marionetta ideale dei mille poteri forti che interagiscono nelle democrazie repubblicane. La legittimità di nascita e di esercizio mette il potere al sicuro dalle manovre dei manovratori occulti che pur aspirando a governare ne sono irrimediabilmente tagliati fuori. Come in tutte le gerarchie naturali però è necessario il rispetto di un gradino superiore alla stessa regalità: l’obbedienza alle leggi divine. Ogni qualvolta che questa obbedienza viene meno assistiamo al vacillare di tutta la scala gerarchica e, presto o tardi, vediamo il crollo della Monarchia, temporaneo o definitivo. Le tre caratteristiche della Regalità, obbedienza alla leggi divine, legittimità di nascita e di esercizio sono regole ferree che vanno rispettate pena la decadenza. In questa società contemporanea scristianizzata e ribelle alla gerarchia la Regalità pare non avere spazio ma poiché l’ordine e la gerarchia rappresentano un’esigenza vitale dell’uomo, alla fine dell’ubriacatura democratica, quando si sarà toccato il fondo e i popoli sentiranno il bisogno di ricostruire la società ordinata e organica, sarà naturale rivolgersi alla Monarchia. Ci vorranno anni, forse secoli perché i tempi della storia non sono i nostri, ma alla fine quando la società restaurata se lo meriterà, riceverà come premio nuovamente un Re.

 

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