“Droga: che fare? Il dovere di una battaglia culturale” di Mario Bozzi Sentieri

Più che allarmante, devastante la fotografia scattata dal nono libro bianco sulle droghe, presentato in occasione della giornata internazionale contro il Narcotraffico e promosso dalla Società della Ragione Onlus, insieme ad altre importanti associazioni: in soli due anni l’uso delle droghe in Italia e soprattutto tra i minorenni è arrivato a crescere del +39% (da 27.718 del 2015 a 38.613 del 2017).
Tra questi ultimi il consumo è addirittura quadruplicato, mentre tra gli adulti è “solo” raddoppiato e ciò alla luce di un’assistenza che ha sempre meno mezzi e personale. Su 38.613 segnalati al Prefetto per consumo di sostanze illecite nel 2017 (27.718 nel 2015), nell’80% dei casi si è trattato di consumatori di cannabinoidi, a seguire di cocaina (14%) ed eroina (5%) e, con percentuali minime e frammentate, altre sostanze. Così l’Italia si ritrova ad essere il terzo Paese in Europa nel quale si consuma più cannabis: il 33,1% della popolazione l’ha usata almeno una volta nel corso della vita, meno di Francia (41,4%) e Danimarca (38,4%). Ma nella fascia d’età dai 15 ai 34 anni, l’Italia si trova ad un poco onorevole secondo posto: si stima che il 20,7% ne abbia fatto uso nei dodici mesi precedenti all’ultima indagine del 2017, contro il 21,5% della Francia. Secondo l’ultimo rapporto europeo pubblicato, l’Italia è il quarto paese per uso di cocaina tra quelli dell’Unione Europea, con il 6,8% delle persone con età compresa tra i 15 e i 34 anni che ne ha fatto uso almeno una volta, preceduta da Regno Unito, Spagna e Irlanda.
Al  di là dei “numeri”,  delle polemiche più o meno contingenti e dei doverosi  interventi diretti ad assistere le singole situazioni di crisi, è al dato “culturale” che bisogna però guardare per invertire una tendenza sempre più invasiva, sia tra le giovani generazioni che tra quelle adulte. Sgombriamo il campo da ogni semplificazione. Dire che la droga fa male è una banalità che ormai non funziona più per invertire una tendenza diffusa. Occorre andare al fondo del problema. Guardare alla crisi “strutturale” dei modelli esistenziali offerti dal “sistema”. Provare a ricucire gli sparsi brandelli di una nuova consapevolezza sociale. Come scrive un giovane,   Daniele Saponaro, a corollario del suo recente libretto “Gioventù drogata”, edito da Historica : “I giovani devono trovare il coraggio di innamorarsi della propria vita. Tornare a credere nelle relazioni, a lottare per avere a disposizione strumenti per costruirsi un futuro, a desiderare il lavoro da fare da grandi. Il progressismo ci ha messo tra le mani un mondo virtuale, artificiale, costruito da altri e senza la possibilità di poter decidere come cambiarlo. Abbiano bisogno di una rivoluzione dell’ovvio, anche se nella società è maledettamente fuori moda. E’ ora di ribadire tutte queste verità spesso banali ma ignorate dall’uomo moderno. Tra queste anche che la droga, sotto qualsiasi forma  si presenti, va combattuta”.
A tutti, non solo a i giovani,  compete la responsabilità di riportare al centro del bene comune quella rivoluzione dell’ovvio, che sola  può permetterci di ricostruire una nuova, autentica aspettativa del futuro contro il falso progressismo. Come scriveva  più di settant’anni fa Ortega y Gasset il progressismo è un vizio culturalela cui cura o correzione è una delle riforme più urgenti da compiere   nella mentalità contemporanea”. Di questo “vizio”, visti i risultati,  non sappiamo francamente che farcene.
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