"La scultura di Vincenzo Gennaro" di Franco Solmi

Si fa presto a convincersi che le opere di Gennaro, specie quelle ultimissime, davvero implacabili e classiche le Ecosfere e le Trasgressioni sono il luogo di una potente concentrazione di forze plastiche e che la tendenza al dissolvimento è piuttosto una tendenza all’essenzializzazione della forma che si erge imperiosa nelle Metamorfosi e in tutte le opere ove il tema dominante è la sfera.Di ciò è esempio probante lo Sferoide del 1988.Ma è proprio in questo gruppo di opere eseguite lo scorso anno che Gennaro riconferma il suo bisogno di infrangere le forme buone, gli schemi fissi, le strutture canoniche anche quando sono le sue. Così la sfera genera le forze che ne inquinano la perfezione, emette puntuti germogli metallici che s’ergono come scheletri di nuove inimmaginabili costruzioni(Cattedrale,1988); o si macchia di relitti affioranti da grumi terrosi antenne superstiti o anticipatrici dell’ultima catastrofe, dell’ultimo diluvio.E’ una fase totalmente nuova dell’opera di Vincenzo Gennaro e naturalmente impedisce di pensare ad una definizione di linguaggio e di poetica raggiunta una volta per tutte attraverso il segno ultimo della sfera, sia di ipotizzare sviluppi entro linee espressive determinate.Tutto sommato Gennaro è ancora nella più feconda fase della ricerca, quella che passa per un processo operativo in cui tutto e continuamente rimesso in gioco.Ora,dopo il trasferimento in Toscana e l’assunzione di responsabiltà progettuali che lo hanno posto a contatto diretto o indiretto con Maestri quali Antonio Berti, Emilio Greco, Umberto Mastroianni, Bino Bini e Iorio Vivarelli, non v’è dubbio che lo scultore siciliano giunga a rimeditare in situazione meno separata le sue esperienze di irruducibile artista artigiano, di scultore capace di coniugare le antiche virtù del far plastico con le ragioni disordinate della modernità.Ce lo confermano la sculture ultime, sorte nell’ansia e nella vertigine di nuovi interrogativi formali suscitati dall’impeto di una forza espressiva dirompente e dalla creatività meravigliosamente inappagata che è propria della autentica tensione poetica.

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