"Dove sono nati i miei sogni d’artista" di Vincenzo Gennaro

La casa paterna, dove sono nato, in uno dei borghi più belli d’Italia, Petralia Soprana in provincia di Palermo. Una delle stanze sull’orlo di un strapiombo di alcune centinaia di metri, si affaccia su un’immensa vallata,  in basso la strada nazionale dell’Etna e delle Madonie, più in fondo la miniera di salgemma di Salinella in contrada Raffo, oltre ed in cima ad un monte, Gangi che si erge come un diamante sfaccettato che brilla alla luce splendente del sole che nasce e scintilla, più in là, innumerevoli catene di monti e nell’ultimo orizzonte l’Etna con la sua immensa mole ed una circonferenza alla base di oltre cento chilometri, che come un imperatore troneggia con il suo pennacchio di fumo, come fosse uno scettro.

Il pavimento in cotto con il tempo era diventato ondulato come un campo di grano mosso dal vento, all’interno un armadio a due ante fatto da un falegname locale, ridipinto più volte in smalto marrone ma solo all’esterno. L’accesso alla stanza da un terrazzino che costeggiava l’intera facciata, una porta robusta in dogato pesante in castagno ridipinta anche lei mille volte.

A destra un antica cucina a legna, in muratura, con una grande pentola in rame stagnato e manici d’ottone per scaldare l’acqua e cuocere le verdure e i legumi, a fianco appesa al muro una arcaica piattaia ed una tavoletta con chiodi per appendere mestoli vari, il tutto illuminato da una finestrella con scuretto davvero minuscola

Di fronte alla porta d’ingresso un piccolo tavolo con cassettino per le posate, al bisogno faceva anche da scrivania per studiare, all’angolo opposto un grande letto matrimoniale semplicemente con due reti e due materassi con lana che periodicamente andava sfibrata per farla gonfiare.

Mi sono seduto mille volte sul davanzale della finestra che dava nella vallata, era piccolo, dovevo rannicchiarmi e piegare le gambe, lì leggevo, studiavo, pensavo guardando l’immensa vallata rivolta ad oriente ed a cinque o sei anni progettavo e sognavo il mio futuro di artista, sapevo cosa avrei fatto da grande.

Ricordo mia madre seduta in una sedia in zabara, con un grembiule fiorato, una cheppa sulle spalle mi preparava una sciarpa per l’inverno con lana recuperata da altri indumenti scuciti. Una atmosfera di profonda religiosità vagava nell’aria, il tetto in travi di legno dipinti di bianco con la calce coperto in canne e tegole fatte a mano nel locale stazzone mi riportavano ad un ambiente biblico.

 Lì sono nati i miei sogni più belli ed il ricordo di quel luogo sacro non è mai svanito anzi si rinvigorisce con il tempo dopo avere girato il mondo, dopo avere realizzato sculture per chiese, piazze, palazzi di giustizia, banche  ed aver fatto mostre in tante nazioni, conferenze e convegni, avere insegnato ed esposto nella sala delle sedute plenarie del Parlamento Europeo a Strasburgo, quel luogo sacro e quel davanzale  è rimasto il mio ricordo più vero, un vero trampolino di lancio dal borgo più bello, per una immersione totale nei problemi dell’arte e del mondo che ancora continua.

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